IL “TEMPO PERSO” IN AMORE

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Quando si ha la sensazione di aver ‘perso tempo’ in una relazione il modo migliore per recuperarlo è separarsi.
Con la separazione quel tempo viene recuperato come tempo speso per un’esperienza relazionale e/o sentimentale che si cercherà di non ripetere più.
Se si riesce ad attuare ciò, il ‘tempo perso’ diventa ‘tempo speso’ per la propria crescita affettiva e relazionale.

Inoltre in questo passaggio da “tempo perso” a “tempo speso” si ha quel passaggio dai due diversi tipi di tempo secondo i greci: si passa dal “KRONOS” al “KAIROS” vale a dire da un tempo cronologico inteso come semplice scorrere ad un tempo individuale foriero di riflessioni ed eventuali cambiamenti.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

CODICE D’AMORE DEL DODICESIMO SECOLO

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Codice d’amore del dodicesimo secolo

I – Allegare il matrimonio non è scusa legittima contro l’amore.

II – Chi non sa nascondere non sa amare.

III – Nessuno può darsi a due amori.

IV – L’amore può essere crescente o diminuire.

V – Quel che un amante prende all’altro per forza, non ha alcun sapore.

VI – Il maschio in generale ama solo nella piena pubertà.

VII – È prescritta all’uno degli amanti una vedovanza di due anni per la morte dell’altro.

VIII – Nessuno può essere privato del suo diritto in amore senza una ragione più che sufficiente.

IX – Nessuno può amare se non è spinto dalla persuasione d’amore (dalla speranza d’essere amato).

X – L’amore è d’ordinario cacciato di casa dall’avarizia.

XI – Non è lecito amare quella che ci si vergognerebbe di desiderare in matrimonio.

XII – Il vero amore non desidera altre carezze da quelle dell’amata.

XIII – Amore divulgato raramente dura.

XIV – Il successo troppo facile toglie presto all’amore il suo fascino: gli ostacoli ne aumentano il valore.

XV – Chiunque ama impallidisce dinanzi alla persona amata.

XVI – Al vedere improvvisamente la persona amata si trema.

XVII – Nuovo amore caccia l’antico.

XVIII – Solo il merito fa degni d’amore.

XIX – L’amore che si spegne cade rapidamente, e raramente si riaccende.

XX – L’innamorato è sempre timoroso.

XXI – La vera gelosia aumenta il sentimento d’amore.

XXII – Il sospetto, e la gelosia che ne deriva, accrescono il sentimento d’amore.

XXIII – Poco dorme e poco mangia chi è assillato da pensieri d’amore.

XXIV – Ogni azione dell’amante si compie col pensare all’amato.

XXV – Nulla piace all’amore vero all’infuori di ciò che sa piacevole all’amato.

XXVI – L’amore non può rifiutar nulla all’amore.

XXVII – L’amante non è mai sazio del godimento dell’amato.

XXVIII – Una semplice presunzione fa che l’amante sospetti cose sinistre dell’amato.

XXIX – L’abitudine eccessiva al piacere impedisce la nascita dell’amore.

XXX – Una persona che ama è occupata dall’immagine dell’amato continuamente e senza interruzione.

XXXI – Nulla impedisce che una donna sia amata da due uomini, e un uomo da due donne.

Stendhal, tratto da André il cappellano, 1176

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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GLI UOMINI VENGONO DA MARTE LE DONNE DA VENERE

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Di seguito brani tratti da “Gli uomini vengono da Marte le donne da Venere” di John Gray.

Il libro sui rapporti di coppia più venduto nel mondo

Tanto tempo fa, i marziani e le venusiane si incontrarono, si innamorarono e vissero felici insieme perché si rispettavano e accettavano le loro differenze. Poi arrivarono sulla terra e furono colti da amnesia: si dimenticarono di prevenire da pianeti diversi.

John Gray, da “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere”

Gli uomini e le donne pensano diversamente, vivono diversamente e soprattutto, parlano lingue diverse, per cui comportamenti simili assumono per gli uni e per le altre significati opposti. Ma allora comunicare è impossibile? Assolutamente no, anzi: capirsi può diventare persino un gioco nel momento in cui si è coscienti delle diversità fra uomo e donna.

John Gray, da “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere”

Quando un uomo sperimenta i suoi limiti, si sente spinto a dar di più.
John Gray, da “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere”

Se una donna ha bisogno di tenerezza e dolcezza dal suo compagno e tende a dargliene a sua volta, sbaglia, perchè così facendo dà a lui ciò che vuole per se stessa….invece deve comprendere che l’uomo ragiona in maniera diversa da lei e mentre per lei la tenerezza è essenzale per lui lo sarebbe allo stesso modo l’apprezzamento o l’ammirazione per ciò che fa!

John Gray, da “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere”

Un rapporto di coppia è come un giardino, Per crescere rigoglioso deve essere annaffiato regolarmente. Ha bisogno di cure particolari a seconda della stagione e del clima. Bisogna deporre i semi ed estirpare le erbacce. In modo analogo, per mantenere viva la magia dell’amore è necessario che ne comprendiamo le stagioni e dedichiamo cure adeguate alle speciali necessità dell’amore stesso.
John Gray, “Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere”

Dal Libro:

“Quando Tom torna a casa, vuole rilassarsi leggendo il giornale. E’ stressato a causa dei problemi irrisolti della giornata e trova sollievo nell’accantonarli.
Anche sua moglie Mary vuole rilassarsi dopo una giornata pesante. Lei, tuttavia, aspira a trovare sollievo parlando dei suoi problemi. Tra di loro, la tensione cresce fino a trasformarsi in risentimento.
Tom è segretamente convinto che Mary parli troppo, mentre sua moglie si sente ignorata. Se non arriveranno a capire le differenze esistenti tra loro, si allontaneranno sempre di più.
E’ probabile che abbiate riconosciuto questa situazione, perché è solo una delle tante in cui si trovano in contrasto gli uomini (i “marziani”, secondo la definizione del Dr. John Gray, esperto della coppia ed autore del best seller “Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere”) e le donne (le “venusiane”).
Una delle principali differenze esistenti tra uomini e donne è il loro modo di affrontare lo stress.
Gli uomini tendono a chiudersi sempre più in se stessi e a concentrarsi sul problema, mentre le donne tendono a sentirsi sopraffatte ed emotivamente coinvolte. L’uomo si sente meglio se risolve i problemi, la donna se ne parla.
Quando un uomo è turbato, non parla mai di ciò che lo preoccupa. A differenza delle donne, non accollerebbe mai ad un altro uomo il suo problema a meno che l’assistenza dell’amico non gli sia necessaria per risolverlo. Diventa invece estremamente silenzioso e si rifugia nella sua caverna privata per riflettere sul problema ed esaminarlo da ogni angolazione alla ricerca della soluzione. Quando l’ha trovata, si sente molto sollevato, abbandona la caverna ed è pronto al dialogo con la sua donna.
Quando una donna è stressata, invece, trova sollievo nel rivolgersi a qualcuno di cui si fida, rendendolo partecipe del suo disagio e illustrandogli nei dettagli le difficoltà della giornata. Se si sentono sopraffatte dalle difficoltà, le donne traggono beneficio dal rendere gli altri partecipi del loro disagio. E’ questa la loro natura.
L’incapacità di capire e accettare queste differenze crea nei nostri rapporti delle frizioni, che possono minare seriamente la stabilità del rapporto di coppia.
Quando un uomo è chiuso nella sua caverna, è incapace di dare alla sua compagna l’attenzione che desidera. In quel momento egli pensa esclusivamente a risolvere – da solo – il suo problema. Per lei è difficile accettarlo perché non si rende conto del grado di stress a cui lui è sottoposto. Se alla sera il suo compagno le parlasse dei suoi problemi, riuscirebbe a mostrarsi più comprensiva, ma lui rimane chiuso in se stesso e lei finisce col sentirsi ignorata. Capisce che il suo compagno è turbato, ma erroneamente presume che lui non le voglia bene perché non le parla.
Allo stesso modo, spesso anche l’uomo fraintende l’atteggiamento della donna di fronte allo stress. Pertanto, quando la donna vuole sfogarsi parlando dei suoi problemi, egli pone resistenza, dà per scontato che lei lo ritenga responsabile delle sue difficoltà. Maggiori sono i problemi, più – indirettamente – egli si sente rimproverato. Non capisce che lei trova semplicemente sollievo nel parlarne. Non sa che gli basterebbe ascoltarla per guadagnarsi la sua riconoscenza.
Ma allora le divergenze rendono impossibile un rapporto sereno e duraturo? Affatto. Le differenze non dividono, se alla base del rapporto c’è la consapevolezza. Comprendendo le dinamiche che regolano le relazioni tra uomini e donne, entrambi i sessi riusciranno a vedere il mondo con gli occhi dell’altro e – piuttosto che aggravare una ipotetica situazione di stress – saranno complici dell’altro nella sua risoluzione, con forti ripercussioni positive sul benessere e sulla serenità della vita di coppia!

LA VERA NATURA DELL’AMORE MATERNO

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INVITO A VISIONARE IL SEGUENTE VIDEO ESPLICATIVO DELL’ARGOMENTO TRATTATO

COME LEGGERE I COMPORTAMENTI DEGLI UOMINI NELLE RELAZIONI

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Di seguito riporto scene tratte dal film “La verità e che non gli piaci abbastanza” con riflessioni semiserie sui comportamenti degli uomini all’inizio di una relazione. Da vedere tutti i video per coglierne il senso finale

Roberto Cavaliere 

 

LA GIUSTA DISTANZA NELLE RELAZIONI

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“Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.”
A. Schopenhauer

Prendendo in prestito la metafora dei Porcospini del filosofo possiamo delineare la giusta distanza nelle relazioni

Giusta distanza che non deve trovare il punto di equilibrio tra distanza e vicinanza.

Giusta distanza che deve tenere conto sia delle caratteristiche individuali dei singoli membri della coppia che delle caratteristiche della relazione stessa.

Giusta distanza che può cambiare nel tempo e nello spazio e che segue il ciclo di vita della coppia e dei singoli.

Giusta distanza, quindi, che è variabile e da trovare in continuazione.

Roberto Cavaliere

DIFFERENZA TRA ATTACCAMENTO E AMORE

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“… Già nelle prime fasi della relazione, dunque, cominciate a ricevere segnali contrastanti: lui (o lei) chiama, ma quando ne ha voglia; mostra interesse per voi, ma vi fa capire che si sta ancora guardando intorno. Insomma, vi tiene sulle spine. Ogni volta che vi arrivano questi messaggi contraddittori, il vostro sistema di attaccamento si mette in moto e cominciate ad essere in ansia per la relazione.
Poi, però, arriva un complimento o un gesto romantico che vi fa battere il cuore a mille e allora vi dite che, dopo tutto, è ancora interessato/a a voi: siete al settimo cielo. Purtroppo questa sensazione di beatitudine non è destinata a durare. In breve tempo i messaggi positivi ritornano a mescolarsi a quelli ambigui e di nuovo vi ritrovate in balia di un turbine di emozioni. A questo punto vivete col fiato sospeso, anticipando col pensiero quel piccolo gesto, quella parola che vi rassicurerà.
Dopo aver vissuto per un po’ questa situazione, cominciate a fare una cosa molto interessante: cominciate a scambiare l’ansia, le preoccupazioni, l’ossessione e quei brevissimi momenti di gioia per amore. Ciò che state facendo in realtà è confondere la passione con un sistema di attaccamento in azione. Se la cosa va avanti da un po’, è come se vi programmaste per venire attratti proprio da quegli individui che hanno le minori probabilità di rendervi felici. Avere un sistema di attaccamento perennemente attivo è il contrario di ciò che la natura aveva in mente per noi in termini di amore gratificante. Come si è visto una delle scoperte più importanti di Bowlby e Ainsworth è che per crescere e prosperare come esseri umani abbiamo bisogno di una base sicura da cui trarre forza e conforto. Perché ciò accada, il sistema di attaccamento deve essere calmo e sentirsi al sicuro. Ricordate: un sistema in azione non vuol dire passione.
La prossima volta che uscite con qualcuno e vi trovate in preda ad ansie, insicurezze e ossessioni – per sentirvi poi una volta ogni tanto euforici – dite a voi stessi che probabilmente si tratta del sistema di attaccamento in azione e non di amore! Il vero amore da un punto di vista evolutivo, significa pace mentale. Il detto “le acque tranquille scorrono profonde” è un bel modo per descrivere la cosa”

LEVINE, A., HELLER, R. (2012), Dimmi come ami e ti dirò chi sei, TEA, Milano.
www.maldamore.it

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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AMORE MATERNO

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Di seguito riporto un brano significativo dell’“Amore Materno”, tratto dal libro “L’arte di amare” di Erich Fromm.

 

“L’amore materno …è un’affermazione incondizionata della vita del bambino e dei suoi bisogni. Ma è necessario fare un’importante aggiunta a questa definizione. L’affermazione della vita del bambino ha due aspetti; uno è rappresentato dalle cure necessarie alla preservazione della vita e alla crescita del bambino. L’altro aspetto va oltre la pura e semplice conservazione: è l’attitudine che instilla nel bambino un amore per la vita, che gli dà questa sensazione: è bello essere vivi, è bello stare su questa terra! Questi due aspetti dell’amore materno sono espressi in modo molto semplice nella storia biblica della creazione. Dio crea il mondo e l’uomo. Ciò corrisponde alla semplice affermazione della esistenza. Ma Dio va oltre. Ogni giorno dopo che la natura, o l’uomo, sono stati creati, Dio dice: “È bello.” L’amore materno, in questo secondo giardino fa sentire al bambino che è bello essere nato; instilla nel bambino l’amore per la vita e non solo il desiderio di restare vivo. La stessa idea può essere applicata ad un altro simbolismo biblico. La terra promessa (terra è sempre simbolo di madre) è descritta come “traboccante di latte e di miele”. Il latte è il simbolo del primo aspetto dell’amore, quello per le cure e l’affermazione; il miele simboleggia la dolcezza della vita, l’amore per essa, e la felicità di sentirsi vivi. La maggior parte delle madri è capace di dare “latte”, ma solo una minoranza di dare anche “miele”. Per poter dare latte una madre non deve soltanto essere una “brava mamma”, ma una donna felice, e non tutte ci riescono. L’amore della madre per la vita è contagioso, così come lo è la sua ansietà; ambedue gli stati d’animo hanno un effetto profondo sulla personalità del bambino; si distinguono subito tra i bambini – e gli adulti – coloro che ricevono soltanto “latte” e coloro che ricevono “latte e miele”.

In contrasto con l’amore fraterno e con l’amore erotico, che sono amori sullo stesso piano, i rapporti della madre col bambino sono, per la loro stessa natura, su un piano diverso, in cui uno ha bisogno di aiuto, e l’altro lo dà. È per questo carattere altruistico che l’amore materno è stato considerato la più alta forma d’amore e il più sacro dei vincoli affettivi. Tuttavia la vera conquista dell’amore materno non sta solo nell’amore della madre per il neonato, ma nel suo amore per la creatura che cresce. In realtà, la grande maggioranza delle madri sono madri amorose finché il bambino è piccolo e completamente legato a loro. Quasi tutte le donne desiderano avere figli, sono felici coi loro piccoli e sono premurose con loro. E questo ad onta del fatto che non ” ottengono ” niente in cambio, tranne un sorriso o l’espressione soddisfatta nel viso del bambino. Sembra che questa forma d’amore sia radicata sia negli animali che nella razza umana. Ma, qualunque sia il peso di questo fattore istintivo, nell’amore materno hanno molta importanza alcuni fattori psicologici. Uno di questi è l’elemento narcisistico. Finché il neonato continua a far parte della madre, il suo amore e il suo attaccamento possono essere una soddisfazione al suo narcisismo. Un altro elemento può essere costituito dal bisogno di possesso della madre. Il bambino, essendo debole e completamente soggetto alla sua volontà, è un oggetto naturale di soddisfazione per una donna autoritaria e tirannica.

…Ma il bambino deve crescere. Deve emergere dal grembo materno; diventare un essere completamente indipendente. La vera essenza dell’amore materno è di curare la crescita del bambino, e ciò significa volere che il bambino si separi da lei. Qui sta la differenza con l’amore erotico. Nell’amore erotico, due persone distinte diventano una sola. Nell’amore materno, due persone che erano una sola, si scindono. La madre deve non solo tollerare, ma desiderare e sopportare la separazione del figlio. 16 solo a questo stadio che l’amore materno diventa un compito così difficile da richiedere altruismo, capacità di dare tutto senza chiedere niente e di non desiderare niente altro che la felicità dell’essere amato. È anche a questo stadio che molte madri falliscono nel loro compito. La narcisista, l’autoritaria, la tirannica può riuscire ad essere una madre “amorosa ” finché il bambino è piccolo. Solo la donna veramente ” amante “, colei che é più felice di dare che di ricevere, può essere una madre amorosa durante il processo di separazione del bambino.

L’amore materno per il bambino che cresce, amore fine a se stesso, è forse la forma d’amore più difficile a raggiungersi, ed è anche la più ingannevole, a causa della facilità con cui una madre ama la propria creatura. Ma proprio a causa di questa difficoltà, una donna può essere una madre veramente amorosa solo se può amare; se è capace di amare H proprio marito, altri bambini, il prossimo, tutti gli essere umani. La donna che è incapace di amare in questo modo, può essere una madre affettuosa finché il bambino è piccolo, ma non può essere una madre amorosa. La condizione per esserlo è la volontà di affrontare la separazione, e, anche dopo la separazione, la capacità di continuare a amare.”

Sempre tratto dallo stesso libro questo brano sulla concezione dell’ “altruismo materno”

“La natura dell’altruismo si manifesta in modo particolare nell’effetto che la madre ” altruista ” ha sui propri figli. È convinta che il suo altruismo insegnerà ai figli a provare che cosa significhi essere amati, e ad apprendere, a loro volta, che cosa significhi amare. L’effetto del suo altruismo, tuttavia, non corrisponde mai alle sue aspettative. I bambini non mostrano la felicità delle persone convinte di essere amate; sono tesi, timorosi del giudizio materno, e ansiosi di appagare le sue speranze. Di solito, sono colpiti dall’ostilità repressa della madre verso la vita, ostilità che essi sentono oscuramente, restandone spesso influenzati. Nell’insieme, l’effetto della madre “altruista” non è troppo diverso da quello della madre egoista anzi, spesso è peggiore, perché l’altruismo della madre impedisce ai figli di criticarla. Si sentono nell’obbligo di non deluderla; imparano, sotto la maschera della virtù, il disprezzo per la vita. Chiunque abbia possibilità di studiare l’effetto di una madre dotata di genuino amore per se stessa, può vedere che non c’è niente di più utile che dare a un bambino l’esperienza di ciò che è amore, gioia, felicità, che solo può ricevere il bambino amato da una madre che ama se stessa.”

 

Dott.ssa Rosalia Cipollina

RIFLESSIONI DI BOWLBY

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Tutti noi, dalla nascita alla morte siamo al massimo della felicità quando la nostra vita è organizzata come una serie di escursioni, lunghe o brevi, dalla base sicura fornita dalle nostre figure di attaccamento” (John Bowlby)

“(…) negli anatroccoli e nelle papere: nelle ore successive all’uscita dall’uovo i giovani uccelli seguono il primo oggetto in movimento che hanno percepito; non solo, ben presto giunge il momento in cui seguono solo l’oggetto già seguito in precedenza ed evitano tutti gli altri. Questo rapido apprendimento di un oggetto familiare e la successiva tendenza a seguirlo è noto come “imprinting”

…) si considera il comportamento di attaccamento come ciò che si manifesta quando sono attivati certi sistemi comportamentali. Si ritiene che i sistemi comportamentali stessi si sviluppino nel bambino, come risultato dell’interazione con il suo ambiente di adattamento evolutivo, e specialmente dell’interazione con la figura principale di tale ambiente. cioè la madre. Si ritiene che il cibo e la nutrizione non svolgano che una parte secondaria nel loro sviluppo (…

“(…) noi diamo talmente per scontato che l’agnello e la pecora stiano vicini e che un branco di anatroccoli si tenga stretto attorno alla madre che raramente ci chiediamo che cosa induce tali animali a stare vicini fra loro, che funzione ha questo loro comportamento”

…) il comportamento dei genitori reciproco al comportamento di attaccamento dei piccoli è chiamato “comportamento di custodia”

“(…) nelle specie in cui il padre ha una funzione importante nell’allevamento dei piccoli, il comportamento di attaccamento può essere diretto anche verso di lui. Negli uomini può essere diretto anche verso altre persone”

“(…) oggi sembra indiscutibile che il legame del bambino con la madre sia la versione umana del comportamento riscontrato comunemente in molte altre specie animali”

“Questi dati evidenziano che il piacere del contatto è una variabile importantissima nello sviluppo delle risposte affettive ai surrogati materni e che invece l’allattamento vi svolge un ruolo trascurabile. Con I ‘aumentare dell’età e delle occasioni d’imparare, un piccolo nutrito da una madre metallica fornita di biberon non si attacca più a lei, come si potrebbe prevedere in base alla teoria della pulsione secondaria., ma invece si attacca sempre più alla madre di stoffa che non lo allatta. Questi dati sono del tutto discordanti da una teoria dello sviluppo affettivo fondata sulla soddisfazione della pulsione”.

(…) secondo gli esperimenti di Harlow, l’unico effetto apparente del cibo è di rendere un simulacro di stoffa un po’ più attraente di un altro”

“(…) recenti lavori sperimentali dimostrano come uno dei modi più efficaci per aumentare le prestazioni di un bambino in qualunque compito che richieda discriminazione o abilità motoria consiste nel ricompensarlo con una risposta di saluto da parte di un altro essere umano”

“un bambino in castigo si succhia il pollice”, “un bambino separato dalla madre mangia eccessivamente”. “(…) in tali situazioni è possibile pensare al pollice e al cibo come a simboli della madre nella sua totalità, o per Io meno del capezzolo e del latte”

“Il comportamento di attaccamento non scompare con l’infanzia, bensì permane per tutta la vita: vengono scelte figure vecchie o nuove con le quali si mantengono la vicinanza o la comunicazione. Mentre i risultati dell’attaccamento sono sempre gli stessi, i mezzi per raggiungerlo si diversificano sempre più”

..) fin dai primissimi mesi la cosa migliore è lasciarsi guidare dal bambino stesso: quando richiede più cibo, probabilmente ne avrà beneficio: quando lo rifiuta, probabilmente non ne avrà danno. Purchè non abbia disturbi del metabolismo, un bambino. Se lo si lascia decidere, è in grado -di regolare la propria ingestione di cibo riguardo sia alla quantità sia alla qualità. Quindi, salvo poche eccezioni, una madre può tranquillamente lasciare a lui l’iniziativa.
Lo stesso vale per il comportamento di attaccamento specialmente nei primi anni. In una famiglia normale in cui sia la madre ad occuparsi del bambino, questi non subirà danni se la madre gli dedica la sua presenza e la sua attenzione nella misura in cui egli sembra desiderare: perciò per quanto riguarda le attenzioni materne come per quanto riguarda il cibo sembra che, se gli si permette di farlo sin dall’inizio, un bambino sia in grado di regolare in modo soddisfacente le proprie “entrate”. Solo quando raggiunge l’età scolare può essere opportuno scoraggiarlo dolcemente”

“… nel mondo occidentale quelli di gran lunga più comuni a mio avviso derivano da insufficienti cure materne, o da un maternage ricevuto da persone diverse, una dopo l’altra. I disturbi che derivano da un maternage eccessivo sono assai meno frequenti, e insorgono non perché il bambino ha un bisogno insaziabile di amore e di attenzione, ma perché la madre glieli propina come in preda a una coazione: se si osserva da vicino la madre che eccede nell’atteggiamento materno, si noterà che, invece di raccogliere i segnali che provengono dal bambino, è sempre lei a prendere l’iniziativa, insiste per stare vicino al bambino, per occuparne l’attenzione o per salvaguardarlo dal pericolo, così come la madre di un bambino iperalimentato insiste nel rimpinzarlo di cibo. Altri svariati disturbi del comportamento di attaccamento possono considerarsi dovuti non a eccesso o insufficienza di cure materne, ma a deviazioni nel tipo di cure che un bambino ha ricevuto o riceve”

(….) la capacità di usare il linguaggio e altri simboli, la capacità di progettare piani e di costruirsi Modelli, la capacità di collaborare durevolmente con altri oppure d’ingaggiarsi in contese senza fine, tutti questi tratti contribuiscono a caratterizzare l’uomo. Tutti questi processi hanno origine nei primi tre anni di vita, e inoltre fin dai primissimi giorni rientrano tutti nell’organizzazione del comportamento di attaccamento. Non ci sarebbero quindi altre cose da dire sullo sviluppo dell’organizzazione dell’attaccamento nel secondo e nel terzo annodi vita? Certamente sì, ma forse non molte di più. In realtà la fase meno studiata dello sviluppo umano rimane quella in cui un bambino acquista tutto ciò che lo rende più spiccatamente umano, e questo è ancora un continente da conquistare”

I1 modello delle figure di attaccamento e il modello dell’io si sviluppano in modo da essere complementari e da confermarsi a vicenda Così è facile che un bambino che non è stato desiderato non solo si senta non voluto dai genitori, ma pensi anche di essere essenzialmente poco desiderabile cioè di essere non voluto da tutti. Inversamente, un bambino molto amato crescerà facilmente non solo avendo fiducia nell’affetto dei suoi genitori. ma anche fiducioso che pure tutti gli altri lo troveranno amabile. Anche se logicamente sono insostenibili, queste grossolane ipergeneralizzazioni sono tuttavia la regola. Inoltre una volta che esse sono state adottate e si sono intessute entro le strutture dei modelli operativi, è facile che in seguito non verranno mai messe seriamente in dubbio”

(..) un bambino tra i 15 e i 30 mesi che abbia goduto d’un rapporto relativamente sicuro con la madre e non abbia subito precedenti separazioni da lei, reagisce di solito con una sequenza comportamentale prevedibile, che si può suddividere in tre fasi, a seconda dell’atteggiamento predominante nei riguardi della madre”

Bowlby J., Uno base sicura. 11 Mulino, Bologna, 1989

Bowlby J., Attaccamento e perdita, Boringhieri., Torino

 

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