IL PRINCIPIO D’INDIFFERENZA IN AMORE

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Il principio d’indifferenza è stato elaborato dall’economista J.M.Keynes e può essere sintetizzato così: se non abbiamo valide ragioni per supporre che qualcosa sia vero o falso, possiamo assegnare pari probabilità ad entrambe . Questo principio ha trovato applicazione in diversi campi, oltre l’economia, la scienza, la statistica, la filosofia ed anche la psicologia.

Vediamo se è possibile applicarlo anche nel campo delle problematiche affettive.

Una persona non sa se credere o meno al proprio partner e non ha valide informazioni per propendere per un ipotesi o un altra. Può essere una promessa di matrimonio, una dichiarazione d’amore, il dichiarare di non aver tradito o qualsiasi altra problematica. Può essere vero quello che afferma; può essere falso. E’ identico al lancio di una monetina: le probabilità sono pari.

Ma quali sono le possibile conseguenze.

  • Supponiamo che accettiate per vero quanto vi viene dichiarato. Se l’altro è nel falso, non guadagnate nulla, ma se è nel vero godrete appieno della serenità e della felicità che derivano dall’aver dato fiducia.
  • Supponiamo che rigettiate quanto vi viene dichiarato. Se l’altra persona è nel falso non perdete nulla. Ma se l’altro è nel vero, avete perso una possibilità di essere sereni felici col vostro partner.

Ritengo che bisogna sempre valutare qual è la posta in gioco. Più essa è alta più vale la pena scommettere sul fatto che le dichiarazioni dell’altro siano veritiere.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

IL CUORE SACRO

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“….la signora era solita dire che ciascuno di noi ha dentro di se’ due cuori, uno e’ un cuore sacro, ma e’ occultato dall’altro, che lo nasconde, fino a che non veniamo in contatto con il nostro cuore sacro…..allora noi possiamo veramente sentire il cuore sacro che e’ dentro di noi…”

dal film “Cuore Sacro” di Ozptek

 

Uso la metafora del film di Ozptek ad indicare come in ognuno di noi siano presenti due cuori: uno che ama o può amare in maniera sana e l’altro che è quello che generalmente manifestiamo nelle relazioni affettive, quello che mendica amore. Distinzione che rimanda a quella in psicologia fra vero sè e falso sè.

Come nel film di Ozpetek, quando scopriamo il cuore sacro che è presente in noi non mendichiamo più amore ed entriamo in relazione coll’altro in maniera sana, ‘sacra’.

Ma come fare per entrare in contatto col nostro cuore sacro ? Per rispondere a questa domanda bisogna ritornare ai nostri copioni affettivi passati. Solo un affetto o un amore disinteressato (da un familiare o da un partner) può permetterci d’entrare in contatto col nostro cuore sacro. Quest’ultimo necessita di un amore che lo riporti alla luce.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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IL LIMERENT O ULTRAATTACCAMENTO

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Il concetto di Limerence (in italiano ultrattaccamento) è stato elaborato dalla psicologa Dorothy Tennov in seguito ad uno studio scientifico sull’amore romantico. Questa psicologa ha intervistato oltre 500 soggetti sul concetto di amore. In seguito a tale ricerca Tennov ha coniato nel 1977 il termine “limerence„ pubblicandolo in Love and Limerence: The Experience of Being in Love.

Con tale termine la Tennov descrive lo stadio finale, quasi ossessivo dell’amore romantico. La Limerence è uno stato cognitivo ed emozionale caratterizzato da intenso desiderio per un’altra persona. Il termine limerence si riferisce spesso a voler intendere lo stato di una persona che esprime, preoccupazione per la persona amata, e, come mostrano recenti ricerche sulla neurochimica, uno stato mentale simile a un disturbo ossessivo-compulsivo. La Limerence sarebbe, infatti, lo stato ossessivo, l’idealizzazione irrazionale e l’intenso desiderio di essere ricambiati. Gli individui colpiti da Limerence sono costantemente attratti da partner sbagliati, soffrono amori non corrisposti e sono incapaci di imparare dalle loro esperienze. Ne deriva un senso di angoscia emotiva e un grave senso d’inutilità che accompagna la persona nel corso della vita. A tal riguardo tale stato può durare mesi, anni o anche tutta una vita, anche in un’assenza totale di reciprocità della persona amata. Inoltre in amore affetto e tenerezza esistono solo come disposizioni verso un’altra persona, a prescindere dal fatto che questi sentimenti siano ricambiati, laddove invece la limerence richiede che lo siano. Il contatto fisico con l’oggetto amato non è né essenziale né sufficiente a chi stia facendo esperienza di limerence, a differenza di chi prova un’attrazione sessuale.

Nello stato iniziale dell’innamoramento definito in inglese New Relationship Energy (NRE) si avvantaggia di una comunicazione aperta e di una consapevole mutualità di sentimenti ed è generalmente vista come una positiva esperienza di legame, mentre la limerence può disperdersi una volta che si sia stabilita una reciprocità, ed è caratterizzata da incertezza e ansietà.

Le principali caratteristiche del limerence sono:

  • Pensiero ossessivo e intrusivo sulla persona amata (detto limerent).
  • Timore del rifiuto
  • Speranza nel conquistare prima o poi l’altro
  • Manifestazioni fisiologiche del limerent (stati ansiosi, tachicardia e altro)
  • Intensificazione dell’attaccamento nelle avversità.
  • Attenzione selettiva a qualsiasi azione, pensiero, o circostanza che può essere interpretata favorevolmente come sentimento ricambiato da parte della persona amata.
  • Capacità d’ inventare o trovare spiegazioni logiche favorevoli ad azioni, pensieri e circostanze del tutto neutre in tal senso, della persona amata.

Pensiero ossessivo e intrusivo

Durante il limerence, i pensieri dell’oggetto limerent sono sia persistenti, che involontari che intrusivi. Limerence è in primo luogo un’ossessione che porta anche a vere e proprie fantasie sulla vita con la persona amata una volta conquistata . Inoltre tali fantasie si spingono anche a pensieri estremi quali il salvare la persona amata da una situazione di pericolo di vita o la persona amata che dichiara il proprio amore solo in punto di morte. Tutto questo prende vita particolarmente nei sogni, anche quelli a occhi aperti, che rappresentano una vera e propria fuga dalla realtà.

Timore del rifiuto e Speranza

Nel limerence si vive costantemente colla paura di un atto concreto di rifiuto che non lascia nessuna speranza. Speranza che è sempre presente in questa forma d’attaccamento che è alimentata dall’incertezza. Quest’ultima da una parte aumenta il dolore ma d’altra parte aumenta desiderio e speranza. Come accennato in precedenza, la speranza nel limerence porta a vedere solo i pensieri e le azioni dell’amato che confermano il desiderio di essere ricambiati, tralasciando tutto ciò che non va in tale direzione. Secondo gli studi, il limerence dura circa tre anni in media, ma può anche durare molto di più fino ad arrivare a coprire un’intera vita nei casi più patologici.

Tipologie di relazioni limerent

Abbiamo due tipologie di relazioni limerent:

Legame di Limerent-Nonlimerent: definisce le relazioni in cui uno dei due è limerent. Secondo la Tennov la maggioranza delle relazioni s’inquadra in questa tipologia e durano abbastanza a lungo.

Legame di Limerent-Limerent: definisce le relazioni in cui entrambi sono limerent. Per la Tennov questo tipo di relazione è breve.

La Tennov è del parere che le relazioni Limerent-Nonlimerent sono più forti e sicure se la donna è limerent e l’uomo è nonlimerent, perché l’uomo che è più limerent renderebbe la donna più incline ad abbandonarlo .

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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L’AMORE MATURO (ERICH FROMM)

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L’amore maturo è una unione che mantiene intera la propria identità: il vero amore fa sì che due esseri diventino “uno” rimanendo “due”.

Spesso non è così. Infatti si creano situazioni di “simbiosi” (cioè in cui uno vive dell’altro) che ingenerano o situazioni di “dominio” o di “sudditanza”, in cui quello che appare “forte” ha bisogno del “debole” per darsi una identità e viceversa (in termine tecnico si indicano come simbiosi sadiche e masochiste).

Invece l’amore non vive dell’altro (cioè lo “succhio” per nutrimene) bensì vive per l’altro: si dona all’altro. In altre parole non è un’esperienza “passiva” ma un’esperienza “attiva”.

L’amore perciò si può definire come una attività interiore dell’uomo, cioè che “produce” e non è “prodotta”. L’amore è perciò libero e “realizza” la relazione. Questo la differenzia dalle passioni in cui la persona è “vittima” di una pressione esterna che la causa (“prodotta” appunto) che invece “consuma” la relazione.

Quindi l’amore maturo si può definire anche come: orientamento della persona verso il mondo dove l’uomo non “consuma” ma “realizza” dei rapporti.

Qual è lo strumento “produttivo” della persona?

Il “dare”.

Purtroppo il “dare” è un concetto che è stato caricato di sfumature ambigue da cui è necessario liberarsi. Il dare non è “cedere” o “privarsi” o “sacrificarsi”. Queste sono visioni infantili e immature di chi non ha ancora raggiunto una certa armonia con la propria interiorità: ci si comporta ancora in maniera passiva nei confronti della realtà.

Invece dare è la più alta espressione di potenza e di libertà dell’uomo. Nello stesso atto del dare io provo la mia forza e il mio potere su me stesso e sulla realtà. E questa percezione di vitalità mi riempie di gioia. Quindi c’è veramente più gioia nel dare che nel ricevere non perché è una privazione o un sacrificio, ma perché in quell’atto mi sento vivo, sono me stesso. Infatti chi dà in realtà non dà cose ma sé stesso. E anche nelle cose da sé stesso. Chi ama dà la propria gioia, il proprio interesse, il proprio umorismo, magari la propria tristezza, comunque manifestazioni di ciò che è vitale in lui.

Se l’amore si esprime così allora “produce” la relazione e genera reciprocità: “dare” significa fare anche dell’altra persona un essere che dà ed entrambi dividono la gioia di sentirsi vivi. Quindi l’amore maturo è una forza che produce amore.

Ma come si esprime il dare?

In quattro modi fondamentali:

premura, responsabilità, rispetto, conoscenza.

Sono virtù che fanno parte della personalità matura, cioè che ha superato i sogni narcisistici di onnipotenza ed ha acquistato l’umiltà dalla sua capacità di sentirsi vivo.

Premura

E’ l’interesse attivo per la vita e la crescita di ciò che amiamo. Una mamma che dice di amare il proprio pargolo ma si dimentica di dargli da mangiare ha un ben povero amore.

Responsabilità

E’ la risposta al bisogno espresso o inespresso di un altro: chi ama “risponde” perché la vita dell’altro lo riguarda.

Rispetto

La responsabilità da sola può sfociare in “dominio” ma chi ama rispetta. Non è timore ma vedere la persona come è (respicere = guardare) perciò desiderare che cresca e si sviluppi per ciò che è. Il rispetto però è possibile se io ho raggiunto l’indipendenza e l’autonomia, cioè se so stare in piedi da solo senza il bisogno di quella gruccia che il dominare su o dipendere da qualcuno.

Conoscenza

Come posso rispettare ciò che non conosco? Molti sono i gradi della conoscenza ma l’amore non è mai superficiale. Oltrepassare il limite della superficialità è possibile solo sono se riesco ad “annullarmi” di fronte all’altro per non filtrarlo attraverso i miei schemi e pregiudizi per vederlo come veramente è.

L’amore maturo.

da “L’arte di amare” di Erich Fromm

LE QUATTRO FASI DELL’AMORE

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” L’amore nella vita vive quattro fasi, l’una evolve nell’altra e vi si somma, fino alla maturità piena.
Nella prima fase il bambino dice: “Io amo me”. L’ego è il centro del mondo. Poi, scopre piano piano gli altri e dice: “Io amo me in te; mi riconosco in te”. Ma è come l’amore verso la madre che lo alimenta, lo protegge, lo ama, significa quindi “Ti voglio bene perché sei mia”. 
Nell’adolescenza: “Mi piace come sei e quello che fai, quindi ti amo”. Fino a che fai quel che mi piace io ti amo. 
L’amore maturo dice: “Ti amo perché mi curo di te, il tuo benessere è il mio, mi spendo per te”
Erik Erikson
“Si può dire che l’amore è dapprima illusione, poi delusione, poi dedizione.
Ogni suo momento è necessario, è un passo che procede.
E’ impossibile in un tempo vedere il successivo, ma solo rivivere i precedenti.
Si passa dal primo al secondo per l’opera degli anni, il peso delle cose, i limiti e gli errori delle persone.
Si passa dal secondo al terzo per un cammino di saggezza e per un supplemento spirituale profondo di misericordia e di pazienza, che libera dalle preoccupazioni di se’ e da’ la precedenza all’altro.
Solo al termine del cammino l’amore è maturo, libero, indipendente, creativo.
Nel primo tempo si vive la felicità di avere, nel secondo il dolore di perdere, nel terzo la gioia di dare. Sempre se non si abbandona il cammino…”
Erik  Erikson
Psicologo, Psicoterapeuta in Milano, Roma, Napoli e Salerno

IL RICORDO IN AMORE

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Il ricordo ama giocare a nascondino come i bambini. Si rintana. E’ incline all’adulazione e gli piace abbellire, spesso senza necessità. Contraddice la memoria, che si comporta con pedanteria e vuole avere litigiosamente ragione.

Se viene molestato con domande, il ricordo assomiglia ad una cipolla che vorrebbe essere sbucciata perché, carattere dopo carattere, sotto la prima tunica, ancora secca e cricchiante, si trova la successiva che, appena staccata, ne libera una terza, umida, sotto alla quale una quarta, una quinta attendono e bisbigliano. E tutte quelle successive trasudano parole troppo a lunghe evitate, anche disegni e ghirigori, quasi che qualcuno, volendo fare il misterioso fin da giovane, quando la cipolla era ancora in germoglio, avesse cercato di codificare se stesso.

Già si risveglia l’ambizione: questi scarabocchi devono essere decifrati, quel codice forzato. Già viene confutato ciò che di volta in volta vuole avere fondamento di verità, perché spesso la bugia o la sua sorellina minore, la voglia di barare, costituisce la parte più inalterabile del ricordo; messa sulla carta suona credibile e ostenta particolari che dovrebbero avere l’esattezza di una fotografia in assenza di vento…

La cipolla ha molte pelli. Se ne parla al plurale. Appena sbucciata si rinnova. Tagliata butta lacrime. Solo quando la si sbuccia dice la verità

…Il tempo deposita strato dopo strato. Quello che ricopre è visibile tutt’al più attraverso le fessure, attraverso una fenditura temporale che si allarga solo a fatica.

Gunter Grass, Sbucciando la cipolla, Einaudi

Bisogna cominciare a perdere la memoria , anche solo ogni tanto , per comprendere che la memoria è ciò che riempie la nostra vita .La vita senza memoria non è vita .

La nostra memoria è la nostra coerenza , la nostra ragione ,il nostro sentimento , persino la nostra azione . Senza di lei non siamo niente. Luis Bunuel

“Quando si parla dell’amore per il passato, bisogna fare attenzione: si tratta dell’amore per la vita; la vita è molto più al passato che al presente. Il presente è un momento sempre breve,anche quando la sua pienezza lo fa sembrare eterno.

Quando si ama la vita, si ama il passato perché esso è il presente qual è sopravvissuto nella memoria umana. Il che non vuol dire che il passato sia un’età d’oro: esattamente come il presente, è al tempo stesso atroce, splendido, o brutale, o semplicemente qualunque.” (Marguerite Yourcenar – Ad occhi aperti)

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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SEHNSCUCHT: LA RICERCA DELL’IRRAGGIUNGIBILE

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Hai tante cose dentro di te e la più nobile di tutte, il senso della felicità. 
Ma non aspettarti la vita da un uomo. 
Per questo tante donne s’ingannano. 
Aspettala da te stessa. 
Non sarai mai felice se continui a cercare in che cosa consista la felicità. 
Non vivrai mai se stai cercando il significato della vita. 
Come rimedio alla vita di società suggerirei la grande città. 
Ai giorni nostri, è l’unico deserto alla portata dei nostri mezzi. 
Non conosco che un solo dovere: quello di amare. 
Nel bel mezzo dell’inverno ho infine imparato che vi era in me un’invincibile estate.

Albert Camus

 

Sehnsucht è una parola tedesca, non traducibile in italiano, che esprime un concetto della cultura romantica ad indicare l’anelito verso qualcosa di irraggiungibile. Il termine fù introdotto dai fratelli Schlegel che lo usarono per delineare una particolare sensibilità particolare della psicologia romantica . Questa sensibilità è intesa come uno stato d’animo eccessivo o perenne di impressionabilità, di irritabilità e di reattività. Potrebbe avere analogie col concetto di nostalgia, ma mentre la nostalgia è il desiderio di riappropriarsi del passato, spesso legato ad oggetti precisi, la Sehnsucht è la ricerca di qualcosa di indefinito nel futuro. Più precisamente, si potrebbe tradurre il termine Sehnsucht con “desiderio del desiderio”: deriva infatti dai termini das Sehnen , il desiderio ardente, e die Sucht , la dipendenza. Letteralmente quindi, Sehnsucht potrebbe essere tradotto come dipendenza dal desiderio, ovvero il costante anelito che porta l’Uomo a non accontentarsi mai di ciò che raggiunge o possiede, ma lo spinge sempre verso nuovi traguardi, trasformando il sentimento in una forza distruttiva e autodistruttiva.

Il termine tedesco SEHNSUCHT ha quindi il compito di indicare quella tendenza a sognare e a fantasticare e quello stato d’essere perennemente inquieto e scontento della realtà, proteso alla vita del sentimento, della fantasia e del sogno che all’inizio del XIX° secolo si era particolarmente accentuato nello spirito dell’uomo.

Lo scrittore C.S. Lewis da un ulteriore descrizione di tale concetto descrivendo la Sehnsucht come “l’inconsolabile desiderio” nel cuore dell’Uomo “per non si sa che cosa”.

In questa sede prendo a prestito tale termine ad indicare la ricerca da parte di taluni di una amore pieno ed assoluto da parte del potenziale o proprio partnert, che quest’ultimo non potrà mai dare, perché come qualsiasi essere umano, ha i propri limiti. Conseguentemente il desiderio ardente di tale assolutezza è destinato a rimanere insoddisfatto. Come afferma De Rougemont: “E’ cercare l’infinito in un essere finito”.

Invito a leggere la discussione tratta dal forum sul concetto che troverete pubblicata di seguito

Dott. Roberto Cavaliere

 

DISCUSSIONE TRATTA DAL FORUM

MAAB Novalis la chiamava Sehnsucht..la malatia della ricerca inesausta di qualcosa di eternamente irraggiungibile..la tensione continua dello spirito verso un’ideale che si allontana ogni volta che sei quasi arrivato a toccarlo….tipico di un’anima lacerata…ci strugge e ci distrugge la voglia di raggiungere un ideale di amore che forse nn esiste..e man mano che si cresce quella favola che ci avevano raccontato da piccoli si trasforma in un tabulato di dati sconfortevoli, con un conto finale dove c’è scritto ogni volta” fai i conti con te stesso”.

A 33 anni..giro di boa..mi chiedo se questa tensione, questo desiderio di desiderare qualcosa che nn esiste (forse) nn sia destinata a restare tale per tutta la vita!

Chiedetevi, cari lettori per caso o per scelta, ma nn sarà che spesso più che amare chi abbiamo di fronte, nn gli mettiamo addosso un abito da noi cucito, così che quella persona possa essere esattamente come NOI l’abbiamo anelata? proiettiamo in quella persona tutto il sogno, ci perdiamo in esso..

e poi..chiaro nn abbiamo considerato che forse quell’abito nn gli appartiene affatto! Restare individui nella coppia….due universi a parte che si sfiorano per condividere e poi ritornano in se stessi! C’è qualcuno che ha un manuale di istruzione? A chi dice di nn chiedersi i perchè

di ciò che ci succede..come fa una mente, per la quale la ricerca inesausta è necessaria alla sua esistenza, a smettere di domandare??

 

CIPA 73Il dramma degli uomini è,secondo i filosofi, l’aspirazione all’infinito irragiungibile in virtù della nostra finitezza. Quando si proietta sull’altro un ideale che esiste solo nella nostra testa si perde il senso della realtà e si carica di aspettative impossibili il rapporto sentimentale.

Posso risponderti alla luce della mia esperienza che è poco”magico” restare con i piedi per terra. Ma credo che sia la sola strada per un rapporto sano.

Non può un partner essere la risposta ai nostri dilemmi esistenziali. Le risposte sono dentro ognuno di noi.

 

MAAB Quanto è pietrosa la strada da percorrere verso noi stessi..già, cipa, con i piedi per terra..ma perchè rinunciare a rivolgere la testa verso il cielo?

e quanto è bella la magia dei frammenti d’amore?? A volte ho la sensazione che per quanta vita ho dentro potrei bastare a me stessa..però poi sento la necessità e l’urgenza entusiastica di condividere e mostrare alla gente la mia magia! Meditate, gente, meditate!

 

CIPA73 Ognuno ha dentro un universo inesplorato da condividere con gli altri. Spesso mi è capitato di passare per “strana” quando con entusiasmo comunicavo agli altri,compreso il mio ex,le mie osservazioni, le mie riflessioni, il mio disperato tentativo di trovare la chiave d’accesso all’infinito. Mi definiva cervellotica. Di recente ho ritrovato la fede,lo slancio mistico verso il trascendente. Una risposta spirituale all’umana disperazione…

 

HARRY 2003 X maab

Cara amica del tavoliere, le tue riflessioni sul SEHNSUCHT, le trovo molto appropriate invece, anche se non di facile digestione. M metto in primis, che con i miei studi rivolti più alla matematica piuttosto che alla filosofia, mi rendo conto quanto difficili possano essere le valutazioni da fare.

Ad ogni modo se si pensa a ciò che significa quella parola, SEHNSUCHT, ci potrebbero venire i brividi lungo la schiena, allora perchè viviamo a fare, se ci poniamo obiettivi irragiungibili, se una volta raggiunta la vetta, ci accorgiamo che davanti a noi ce n’è una ancor più grande, da superare, e via così. Non so dare una definizione razionale a tutto ciò, ma forse è proprio perchè voglio trovare il razionale in ogni cosa e non capisco il linguaggio di NOVALIS, che oltre che matematico (pure lui) era anche filosofo, e se non sbaglio è stato anche uno dei fondatori del cosiddetto Romanticismo.

Non sono preparato sul tema, ma posso dare la mia umile interpretazione, che credo sia un pò il filo conduttore del forum; dici che forse abbiamo fatto un errore di valutazione, attribuendo ai nostri ex compagni un valore che volevamo vedere noi, potrei essere d’accordo, ma, e questa è la mia personalissima visione, prima di tutto ci si piace, poi ci si frequenta, poi si comincia a condividere un pò delle nostre vita, se ad un dato momento ci si accorge che non era proprio quello che volevamo, che si deve fare? continuare per quella strada e immolarci per la scelta che è stata fatta, oppure salutarsi e andare ognuno per la propria strada? Forse ho dato una visione troppo semplicistica, ne sono al corrente, non era mio intento dare delle soluzioni, solo una riflessione!!!! Ciao e complimenti

 

ELEGYS Il desiderio del desiderio, l’anelito all’infinito, all’intraducibile, l’idea della perfezione. Credo sia un meraviglioso volo verso l’alto, in perpendicolare sopra se stessi.

Per me è la voglia divampante di continuare a vivere, di superare il tempo e lo spazio, è una proiezione al di sopra del cielo, alla ricerca di un indescrivibile sentire, di immobilità, di trascendenza.

Questa idea luminosa e accecante, è ciò da cui si può trarre energia, passione, bellezza e forza, ed è anche ciò che genera “dipendenza” a mio parere, come “il demone creativo che si trasforma in amante demonio” (tanto per citare un libro che sto leggendo).

La tragicità del pensiero della fine, della carne e del tempo che passa, dell’impossibilità di continuare, la responsabilità di decidere chi e cosa scegliere: questi pensieri sono quelli che sciolgono dall’immobilità della “sehnsucht”.Un sorriso, Elegys

 

MELANIA2 maab,sei incredibile sai che da grande sostenitrice della forza della mente e del pensiero,sto diventando grande sostenitrice della forza del cuore e dell’istinto?

sarebbe opportuno,a volte ,invece di andare in su’,verso la testa ,la mente,l’infinito,che lo dice pure la parola,senza fine ,senza limiti o traguardi;provare ad andare giu’,verso il cuore,verso la terra. se tu premi sulla terra ti rimanda energia,non sprofondi,hai una sorta di rimbalzo,se invece vai verso il cielo,fluttui senza sosta ne riposo.

provare a tornare alle origini,l’acqua,la terra senza farsi tanti condizionamenti. ritrovare le piccole cose che ci fanno star bene,toccare con mano quello che gia’ c’è. toccarlo con il cuore,non con la mente.

siamo nati in natura,non in un ipermercato,dove tutto è condizionato dalla vendita del prodotto,dove tutto è ben messo,dove il prodotto che devi vendere di piu’ in quel momente, è messo alla giusta altezza.

prova a ritornare,alle cose semplici,ai luoghi comuni,apprezza questa maab,che è semplicemente una donna,e tale si deve riconoscere.

se riesci, guarda oltre cio’ che ti sembra di vedere. oltre non significa guardare lontano,ma vedere quello che veramente c’è. un abbraccio forte

 

YANA Ciao, mi sono piaciute le riflessioni e le domande che poni Maab.

Secondo me bisogna distinguere due livelli in questa tendenza alla ricerca di infinitezza.

Uno è “sano”, ed è quello che ricorda Cipa quando parla del “dramma degli uomini” spesso descritto dai filosofi. Credo che questa tendenza sia, come la paura e le altre emozioni e fragilità umane, una caratteristica del genere umano e che in una certa misura sia inevitabile, proprio perchè, secondo me, non è tanto una conseguenza di qualche trauma specifico, ma è implicita nelle fattezze dell’uomo: ne è una sua caratteristica intrinseca, per via della struttura del suo pensiero e di molto altro. Quindi più che sana, la chiamerei una caratteristica “normale”.

L’altro livello è quello patologico, o insano, o distruttivo, che, per vari motivi, è portato all’eccesso e che può condurre a vivere male la vita e i rapporti, incessantemente insoddisfatti, scontenti, irrequieti.

Ovviamente non c’è una linea netta tra i due livelli, ma credo sia importante individuare, se ci sono, i propri aspetti insani della questione ed accettarne invece il lato sano, comune un pò a tutti gli individui e tipicamente umano.

Detto questo, mi ha colpito una frase di Cipa negli interventi iniziali:

“posso risponderti alla luce della mia esperienza che è poco “magico” restare con i piedi per terra. Ma credo che sia la sola strada per un rapporto sano.”

Io credo invece che un rapporto sia veramente sano quando è “magico” pur percepito nella sua dimensione “reale”.

Non so se ho inteso bene le parole di Cipa, ma dal mio punto di vista odierno invece c’è molta magia anche nel restare con i piedi per terra, anzi è proprio quella la vera magia a mio avviso. Riuscire a godere della vita così com’è, senza avere bisogno di rifugiarsi troppo nelle proprie fantasie ed aspettative, è una cosa a volte complicata da raggiungere, ma dona delle sensazioni fantastiche.

Nel suo aspetto sano, questa difficoltà è una delle sfide che la vita e la crescita degli individui presuppongono e a cui è giusto arrivare in un certo senso gradatamente, scoprendo ogni aspetto di questo modo di vivere man mano che si procede nella propria maturità.

Ma se lo stile di vita, specie nelle fasi da adulti, è fortemente legato ad una ricerca spasmodica di “altro”, se non si sa godere delle cose naturali e reali della vita (tutto..rapporti, attimi, come le cose più concrete) allora bisogna rivedere quello che sta alla base delle proprie percezioni.

L’altro giorno ero con dei bambini.

Non avevamo grandi cose a disposizione, apparentemente. Avevamo un prato, l’aria, il sole, una palla e le gambe per poter correre.

Non è per fare retorica, ma abbiamo passato dei momenti davvero speciali ed io mi sono sentita veramente viva solamente perché stavo correndo, giocando e stavo condividendo l’entusiasmo.

Eppure non c’era nulla di paranormale o straordinario in quello che stavamo facendo, in quello che stavo vivendo. Ma era magico e la magia sta nel fatto di riuscire ad apprezzare le cose della vita, anche quelle più semplici, per quelle che sono, godersele, catturarne l’autenticità e farne propria ricchezza. A volte c’è più amore in una corsa o un gioco condiviso che in un rapporto che dura da anni. E’ da questa forma di amore apparentemente inutile ed insignificante che bisogna partire.

In quel momento, come in molti altri, io ero molto di più con i piedi per terra che in tanti altri frangenti, eppure dentro di me sembravo volare.

Non sono costantemente in quello stato d’animo nella mia vita, mentirei.

Ma da quando sto meglio con me ed ho imparato a guardare la vita e le cose che ho sotto un’altra ottica riesco maggiormente e più spesso a gioire della semplicità della vita e a ravvicinare le mie aspettative alla realtà così com’è e come evolve.

Forse riuscire a fare questo in senso assoluto non è possibile, proprio per via dei limiti umani. Ma regalarsi sempre più esperienze di autenticità e lucidità è possibile a mio avviso, senza per questo dover mozzare le proprie sensazioni e le proprie aspirazioni. Anzi, è proprio il contrario.

Per fare questo è, come sempre, necessario, oltre che porsi domande, riavvicinarsi un pò di più a se stessi, anche e soprattutto nel senso di riavvicinarsi alle proprie sensazioni spontanee: tutto questo è racchiusio dentro di noi, dobbiamo solo capire, in modo personale, come fare a riscoprirlo e quindi a percepirlo. Un abbraccio

 

MAAB cara yana, grazie del tuo intervento, ero curiosa di sapere come la pensavi..la cosa paradossale è che il magico e quella tensione verso il desiderare qualcosa che nn si realizza

per me risiede proprio nell’incanto di quella semplicità di cui parli..l’incanto delle piccole cose..di una risata cristallina, di una corsa sui prati, degli occhi di tuo foglio che ti sorridono…di un amore sincero e compassionevole….e sai perchè si trasforma in qualcosa che si allontana ogni volta che pensi di averla afferrata? perchè per qualche strano motivo oggi tutto questo diventa sempre più un miraggio..ed ogni fallimento accresce l’appetito di quel miracolo..ed è allora che s’incorre nel pericolo di idealizzare chiunque, anche se stessi, pur di avere un raggio di quel sole! Infatti, chissà perchè il primo grande amore resta sempre il migliore..perchè ci è arrivato addosso senza il nostro intervento..senza idealizzazione..senza quel senso di mancanza che le delusioni successive hanno creato. E allora si capisce bene perchè è necessario restare soli e ritrovare quella purezza di accogliere senza vincoli un nuovo amore..bisogna resettare il sistema perchè funzioni ben..come in origine..vicini a quella fonte di piccole e semplici cose!

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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IL TRADIMENTO SECONDO HILMAN

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C’è  una  storiella,  molto diffusa, che  dice  pressappoco cosi:

«  Un  padre  insegnava  al  figlioletto  ad  essere  meno pauroso, ad avere più coraggio, facendolo saltare giù da una scala. Mise il bimbo sul secondo  gradino e disse: « Salta che ti prendo. » e il bimbo saltò. Poi lo mise sul terzo gradino dicendogli ancora: « Salta che ti prendo. » Sebbene il bimbo fosse impaurilo, si fidò di suo padre, fece ciò che gli era stato detto e saltò nelle sue braccia. Poi il padre lo mise sul quarto  gradino, sul quinto, sul sesto, dicendo ogni volta: « Salta che ti prendo. » ed ogni volta il bimbo saltò e fu preso da suo padre. E così continuarono  finché il bimbo saltò da un gradino molto alto, ma questa volta il padre si tirò indietro e il bimbo cadde a faccia in giù. Mentre si rialzava, sanguinante e piangente, il padre gli disse: « Questo ti insegni a non fidarti mai di nessuno anche se è tuo padre. »

Questo storia io credo che ci possa dire molto sul tema del tradimento. Ad esempio: perché si  deve insegnare ad un ragazzo a non fidarsi?  e a non fidarsi di suo  padre?

  • Che senso ha essere traditi dal  proprio padre o da  qualcuno che  si ama?
  • Che senso ha per  un padre, per un uomo, tradire qualcuno  che  ha  fiducia  in  lui?
  • Qual  è  il  fine  del  tradimento nella vita psicologica? Queste sono le domande che ci poniamo.

Non è possibile avere fiducia senza la possibilità del tradimento. E’ la moglie che tradisce il marito,il marito che inganna la moglie; sono i compagni e gli amici che deludono; è l’amante che usal’amico per raggiungere il potere; è l’analista che scopre i segreti del paziente; è infine ilpadre che lascia cadere il figlio. La promessa fatta non è mantenuta, la parola data viene mancata,la fiducia diviene inganno. Il tradimento ci viene proprio da quei rapporti dove la fiducia  primaria  è  possibile.  Noi  possiamo  essere veramente traditi solo quando ci fidiamo veramente — da fratelli, amanti, mogli, mariti, e non da  nemici o da estranei. Più grandi sono l’amore, la lealtà, l’impegno, l’abbandono, e maggiore è il  tradimento. La fiducia ha in sé il germe del tradimento.

Quando in una unione esiste la fiducia, il rischio del tradimento diviene una possibilità reale con cui vivere continuamente e quindi è parte della fiducia, proprio come il dubbio è parte della fede vivente.

Vivere o amare solo quando ci si può fidare, quando si è  sicuri ed accolti, quando non si può essere abbandonati o feriti, quando ciò che è stato espresso in parole è impegnativo in eterno, significa essere fuori dalle vie del male e quindi fuori della vita reale. E non importa quale sia il calice della fiducia, se la analisi, il matrimonio, la chiesa, la legge, o un qualsiasi rapporto umano… vorrei addirittura dire il rapporto col divino.

Se ci viene data assicurazione che ne usciremo intatti, o addirittura arricchiti, che cosa abbiamo dato? Se saltiamo dove ci sono sempre braccia per  riceverci, il nostro non è un vero salto. Il rischio dell’ascesa non esiste più — a parte l’emozione del volo nell’aria, non vi è alcuna differenza fra il secondo gradino, il settimo, il decimo, o addirittura diecimila metri più su. E’ la fiducia primaria che permette al puer di volare cosi in alto. Padre e figlio sono una cosa sola, e le virtù maschili di abilità, rischio calcolato, coraggio, non hanno importanza: Dio o papa lo afferreranno in fondo alla scala. Soprattutto  è necessario non sapere in anticipo le cose. Non si deve sapere prima che questa volta nessuno ci prenderà in fondo alla discesa. Essere avvertiti significa essere premuniti e allora o non si salta  più, oppure si salta a metà… ma poi succede che una volta, nonostante una promessa, la vita interviene, accade l’incidente e si cade a faccia in giù. La promessa mancata è una intrusione che  la vita fa nella sicurezza del Logos, nella quale ci si può affidare all’ordine di tutte le cose e  il passato garantisce per il futuro. Ma è anche l’irruzione in un altro livello della coscienza, come vedremo più avanti.

Ma prima torniamo ancora alla nostra storia ed alle nostre domande.  Il  padre  ha   risvegliato  la  coscienza,  ha cacciato il ragazzo fuori dal giardino dell’Eden, brutalmente, con dolore, ha iniziato suo figlio. Questa iniziazione ad una nuova coscienza del reale passa attraverso il tradimento, attraverso il venir meno del padre e il suo mancare alla parola data; è  però un tradimento con una morale. Infatti la nostra è una storia morale, come  tutte  le  buone   storie  ebree.  Non  è  una  favola esistenzialista che  descrive  un acte  gratuite,  ne  una leggenda Zen tesa ad una illuminazione liberatrice, ma piuttosto una omelìa, una lezione, un istruttivo brano di vita reale.

Il padre dimostra di persona che anche nel rapporto più fiducioso  esiste la possibilità del tradimento. Egli svela la propria ingannevolezza, si presenta al figlio  nella sua nuda umanità, rivelandogli questa verità dell’essere  padre e  uomo: io,  padre, uomo, sono infido.  L’ uomo è infido. La parola non è affatto più forte della vita. …

L’iniziazione del ragazzo alla vita è l’iniziazione alla tragedia dell’adulto. Per certuni il tradimento è altrettanto schiacciante che la gelosia o il fallimento…

Il momento critico del « grande abbandono » quando veniamo crocifissi dalla nostra stessa fiducia, è un momento molto pericoloso di quello che la Wickes chiamerebbe « la scelta ». Le cose potrebbero andare in due modi per il bambino che si rialza dal pavimento, la sua resurrezione è in bilico. Potrebbe essere incapace di perdonare e rimanere fissato nel trauma, pieno di risentimento, vendicativo, cieco ad ogni comprensione di ciò che spero di riuscire ad abbozzare nel restante di questa nota.

Ma prima di occuparmi della possibile soluzione positiva del tradimento, vorrei attardarmi un poco sulla scelta negativa e sui pericoli che il tradimento porta alla luce. La prima di queste scelte sbagliate, anche se naturali, è il meccanismo di difesa della negazione.

Se in un rapporto veniamo abbandonati, siamo tentati di negare il valore dell’altra persona, di vedere, improvvisamente, tutte le sue ombre, una panoplia di demoni perversi che naturalmente nella situazione di fiducia primaria non esistevano. Questi lati negativi, rivelatisi tutto d’un tratto, sono una compensazione, una enantiodromia di idealizzazioni precedenti e la rozzezza di queste rivelazioni indica la grossolana incoscienza in cui prima si trovava l’Anima. Cosi dobbiamo ammettere che quando il rammarico per un tradimento è molto forte, in precedenza esisteva una situazione di fiducia primaria, di innocenza infantile inconscia nella quale l’ambivalenza era repressa…

Ma il mutamento improvviso da uno stato incosciente alla coscienza grezza è proprio di qualsiasi momento della verità ed anche piuttosto evidente — perciò non è questo il pericolo principale. Più  pericoloso  è  il cinismo.  Una  delusione  subita  in amore, in un credo politico, in un gruppo, da un amico, un superiore o un analista, porta spesso ad un mutamento nella persona tradita, la quale non solo nega il valore della relazione e della persona in causa, ma l’amore  in  genere  diviene  per  essa inganno,  la convinzione politica è per gli imbecilli, i gruppi sono trappole, le gerarchie sono il Male e l’analisi è prostituzione, lavaggio del cervello e impostura… « Fatti furbo e tieni gli occhi aperti. Colpisci l’altro prima che sia lui a colpire tè. Bisogna far da soli. Tutto bene, Jack… » Questa è la scorza per nascondere le cicatrici della fiducia tradita.  Con  i  frantumi  dell’idealismo  si  rabbercia  una solida filosofia di cinismo.

E’ tutt’altro che impossibile incontrare questa forma di cinismo specialmente nei più giovani, poiché non si è considerato con sufficiente attenzione il significato del tradimento e particolarmente il processo di trasformazione del puer eternus. La persona tradita giura di non salire più cosi in alto sulla scala. Rimane affondata nel mondo del cane, Kynis, cinico. Questo atteggiamento impedisce lo sviluppo verso il significato positivo del tradimento e forma così un circolo vizioso — e il cane rincorre la propria coda. Il cinismo, quel ghigno contro la propria stella, è il vero tradimento dei propri ideali, il tradimento delle proprie ambizioni più alte contenute nell’archetipo del puer. Quando questo si infrange, ogni cosa che ha a che fare con esso viene respinta e si giunge al terzo e, credo, principalmente pericolo: il tradimento di sé stessi.

Il tradimento di sé è forse ciò che ci preoccupa maggiormente. Uno dei modi con cui ci si arriva è proprio la conseguenza dell’essere stati traditi: nella situazione di fiducia,   nell’abbraccio  amoroso,   con   un   amico,   un parente, l’analista, mettiamo allo scoperto qualcosa di noi che avevamo tenuto nascosto:« Non l’avevo mai detto a nessuno prima… » Può essere una confessione, una poesia, una lettera di amore, una invenzione o un progetto fantasioso, un segreto, un sogno o una paura infantile, che contiene quel che in noi c’è di più profondo. Con il tradimento queste  perle  seminali,  delicate  ed  estremamente sensibili, divengono solo sabbia, granelli di polvere. La lettera d’amore diviene roba scioccamente sentimentale, la poesia, la paura, il sogno, l’ambizione, vengono ridotti a qualcosa di ridicolo, rozzamente derisi, definiti volgarmente « merde », robetta da niente. Il processo alchemico è rovesciato: l’oro è ridotto di nuovo a feci e le perle sono gettate ai porci. I porci non sono gli altri, dai quali dobbiamo tenere nascosti i nostri valori segreti, ma sono invece le rozze spiegazioni materialistiche, la ottusa riduzione di ogni cosa all’istinto sessuale e al desiderio del latte materno, che spiegano tutto indiscriminatamente. E la nostra insistenza porcina nel dire che la cosa più bella era in realtà la peggiore non è altro che il sudiciume in cui gettiamo via i nostri valor più preziosi.

E’ una strana esperienza trovarsi a tradire se stessi, rivolgersi contro le proprie esperienze dando loro i valori negativi dell’ombra ed agendo contro le proprie intenzioni ed il proprio sistema di valori. Nella rottura di un’amicizia, di una relazione, di un matrimonio, di un rapporto amoroso o di una analisi, tutta la bruttezza e la sporcizia si fanno improvvisamente avanti e si agisce nella stessa maniera cieca e sordida che si attribuisce all’altro; si giustificano le proprie azioni con un sistema di valori che ci è estraneo. In questo momento si è veramente traditi, dati in mano ad un nemico interno. E allora i porci si volgono contro di noi e ci sbranano.

Questa alienazione da noi stessi dopo il tradimento è estremamente protettiva. Non vogliamo essere più colpiti e poiché la ferita venne proprio dall’aver rivelato come siamo fatti, cominciamo con l’evitare accuratamente di ricascarci. Cosi fuggiamo e tradiamo noi stessi non vivendo la nostra condizione esistenziale (una divorziata di mezza età senza nessuno da amare) o il nostro sesso (« ne ho abbastanza degli uomini e sarò spietata come loro ») o il nostro tipo (« II mio sentimento, o intuizione, o qualsiasi altra cosa, era completamente sbagliato ») o la nostra vocazione (« La psicoterapia è uno sporco affare »). Infatti siamo stati traditi proprio nella fiducia che avevamo posta in questi fatti fondamentali della nostra natura. Cosi rifiutiamo di essere ciò che siamo, cominciamo ad ingannarci con scuse e pretesti e il tradimento di sé diviene niente altro che sofferenza non autentica. Non si vive più la propria forma di sofferenza, ma si tradisce se stessi per mancanza di coraggio  di  essere.

Oltre alla negazione, al cinismo e all’auto- tradimento c’è però un’altra possibile soluzione negativa, un altro pericolo, che chiameremo paranoide.

Anche questo è un modo di proteggere se stessi da un nuovo tradimento, creare cioè un rapporto perfetto. Rapporti di questo genere richiedono il giuramento di lealtà  e  non  tollerano incertezze nella  loro  stabilità. Il motto è: « Non mi devi abbandonare mai ». L’inganno deve essere respinto con affermazioni di fiducia, dichiarazioni di fedeltà eterna, prove di devozione, giuramento di segretezza. Non devono rimanere fessure; il tradimento deve essere escluso. Ma se il tradimento coesiste con la fiducia, come seme contrario in essa sepolto, l’esigenza paranoide di un rapporto senza possibilità di tradimento non può basarsi sulla fiducia, ma è piuttosto una convenzione intesa a escludere il rischio. Come tale appartiene più al potere che all’amore. E’ un ripiegamento verso un rapporto-logos rafforzato dalla parola, ma non sostenuto dall’amore.

 

… La distorsione paranoide delle relazioni umane è veramente grave. Quando un analista (o marito, amante, discepolo, amico) tenta di soddisfare le esigenze di un rapporto paranoide dando assicurazioni di lealtà ed escludendo di forza lo inganno, si allontana sicuramente dall’amore. Infatti, come abbiamo già visto e vedremo ancora, l’amore e l’inganno provengono dallo stesso lato sinistro.

ESTRATTO DAL LIBRO ‘IL TRADIMENTO’ DI JAMES HILMAN

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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