L’AMORE CONCRETO E CINICO AI TEMPI DELL’ANTICA ROMA

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Giove, dall’alto, ride dei falsi giuramenti degli amanti.

Ovidio

Nel mondo latino è diverso il contesto, sociale e culturale, e diversa è la visione dell’amore. Roma è il centro del mondo, e la religione cristiana interverrà a trasformare completamente la concezione della vita. Rimane in principio una visione di Venere (l’Afrodite greca) come personificazione sia dell’amore sia della fertilità, e come principale antidoto alle liti e alla guerra, poiché ritorna l’immagine di Marte che si placa solo nel suo grembo,1 e tuttavia l’immaginario e i valori inesorabilmente si trasformano, e l’attenzione si sposta altrove. Nella Roma imperiale il matrimonio è visto come condizione naturale dell’amore, poiché garantisce la procreazione e la continuazione della stirpe.2

Non siamo molto distanti per certi versi dal contesto attuale, in cui il modello sociale, culturale e di tradizioni, educa sempre a un desiderio: un buon matrimonio, felice, d’amore, stabile. Per quanto al giorno d’oggi si possa discutere dell’aspirazione al matrimonio, in quanto contratto legale in qualche modo pieno di “falle”, il modello percepito in questo momento storico è dell’aspirazione a un rapporto di coppia stabile, che sia amore assoluto, a supplenza delle certezze che mancano in tutti gli altri aspetti della vita, con la labilità del momento storico stesso. Ciò influenza naturalmente anche l’idea che possa esistere la metà complementare del proprio Io, come dicevamo poc’anzi del mito raccontato da Platone per bocca di Aristofane.

I poeti d’amore dell’epoca imperiale sono gli elegiaci, in cui ritroviamo la lirica amorosa di esaltazione e sofferenza introdotta da Catullo. Essi cantano proprio l’aspetto di questa sofferenza prolungata, di asservimento alla donna, la domina, capricciosa e infedele, che istiga la gelosia e non si concede facilmente. L’immagine ricorrente è quella di un poeta che deve inneggiare alla donna nonostante questa lo rifiuti. In questo panorama emerge Ovidio, perché innanzitutto era più interessato alla natura dell’amore e alla sua concretezza, piuttosto che alla moralità, e per l’attualità che caratterizza una sua opera in particolare, i Rimedi per l’amore.

Ovidio è uno degli ultimi grandi poeti dell’era classica, ma ha una produzione in profondo contrasto con l’epoca, poiché osserva senza pudori le due facce della stessa medaglia: da un lato una Roma colta e raffinata, imperniata sull’istituto del matrimonio, dall’altro la reazione ai costumi imposti dalla tradizione del mos maiorum, e perciò pratiche più libertine, anche se nascoste. Ha un atteggiamento ironico e a tratti beffardo, ben distante dall’idealismo di Platone di 400 anni prima. Nei due libri Amori e L’arte di amare, cerca di insegnare agli amanti come ottenere un’unione armoniosa, serena e che rechi piacere, senza che si instaurino rapporti di dipendenza, e di conseguenza profondo malessere per uno dei due partner. Alcuni di questi consigli sono ancora oggi perle di saggezza: evitare le critiche, lodare sempre il partner per le sue qualità migliori. Siamo in un’epoca in cui evidentemente l’amore è conflittuale, e risulta essere per molti una forza distruttiva.

Negli Amori parla di una donna, ma i versi non vanno ad esaltare lei, o l’esperienza amorosa, dando piuttosto un punto di vista ironico e distaccato sulle vicende amorose. I temi tradizionali vengono ribaltati: Ovidio vive i tormenti della gelosia, ma chiede all’amata di nascondergli i tradimenti, più che di essergli fedele; giunge ad amare due donne contemporaneamente; l’amante è visto come un soldato, e l’amore come una battaglia, non mancando riferimenti alle battaglie notturne, e ai corpo a corpo amorosi. L’amore non è più un sentimento di origine divina, ma un gioco sottile della mente, un’attrazione erotica, un misto di intelligenza e oscenità, astuzia e irriverenza. L’ironia è l’arma preziosa di Ovidio, quella che lo rende così attuale e vicino alla sensibilità moderna.

Con lo stesso tono distaccato, ne l’Arte di amare Ovidio si fa praeceptor amoris, come un insegnante che raccoglie i suoi precetti in un manuale su quest’arte, che va intesa come arte di seduzione e conquista delle donne, nonché come arte di far durare l’amore, con frecciate ironiche alla morale tradizionale e una più o meno velata esaltazione della vita libertina. Il modello più frequente della poesia è quello predatorio della caccia, ma l’oggetto della caccia è il sesso. Ovidio consiglia di non innamorarsi, ma di vivere l’amore come un gioco. Per questo dunque ammette anche il tradimento, che evidentemente era elemento inestricabile della società in cui viveva. Il poeta specifica che si tratta di consigli per le liberte, le schiave, le cortigiane, e non per matrimoni e per le donne perbene, ma gli rimane addosso un’immagine libertina, con il dubbio che si tratti di un dovere politico-sociale per ripulire la propria immagine pubblica.

L’arte di amare per Ovidio è anche Arte di ingannare, e scrive:

L’arte di ingannare

Devi recitare la parte dell’innamorato e parlare come uno che spasima;

con ogni mezzo devi ottenere che lei creda questo.

E non è difficile: ogni donna pensa di meritar l’amore;

sia pur bruttissima, ognuna si crede piacente.

Prometti senza timori: le promesse attraggono le donne;

e di ciò che prometti chiama a testimoni tutti gli dei che vuoi.

Giove dall’alto ride degli spergiuri degli amanti

e ordina ai venti eolii di disperderli a vuoto.

Giove era solito giurare il falso sullo Stige

a Giunone; ora è propizio a chi segue il suo esempio.

Conviene che esistano gli dei, e dunque, se conviene, crediamo

che esistono.3

Una sorta di appendice agli Amori, è Remedia amoris, un piccolo poema didascalico, traducibile come “Rimedi per l’amore”: e già non è chiaro se si intenda rimediare ai problemi dell’amore, o se si intenda rimediare all’amore stesso, intendendolo quindi come un problema in sé, da cui guarire. Ovidio offre in realtà consigli e strategie per evitare di farsi coinvolgere troppo dall’amore. Vuole insegnare, in particolare ai giovani, come evitare di idealizzare il partner che amano, come comportarsi quando l’amore causa sofferenze e sventure, e come liberarsi di un amore quando non interessa più, perché comincia a fare male. Si tratta di consigli pratici e universali, con i quali si possono evitare i suicidi per “mal d’amore”.

Ad esempio, per lasciare il partner consiglia di uscire dalla relazione prima che il sentimento diventi troppo intenso, e quindi ad esempio concentrare i propri pensieri sui difetti fisici del partner e sui disagi causati dalla relazione, cercare di avere rapporti intimi non soddisfacenti. Per non sentirne la mancanza dopo la rottura, e per dimenticare la relazione, è meglio tenersi quanto più occupati possibile, con numerosi interessi, o con almeno uno impegnativo, ad esempio lavorando o viaggiando; sottolinea anche che è importante cercare di evitare i luoghi che possano avere qualche relazione col proprio amore, o eventi e luoghi in cui sono presenti delle coppie. È importante innanzitutto un distacco totale, evitando ogni contatto con l’ex, la sua famiglia e i conoscenti comuni. Bisogna cercare di non parlare per quanto possibile delle proprie relazioni non appena finiscono, e quando si prova a spiegare le ragioni della rottura, è meglio evitare di scendere nei dettagli. Se si sa di doverlo rivedere evitare di farsi belli per l’occasione. E ancora, dimenticare ogni possibilità futura di riallacciare una relazione con l’altro/a, distruggere lettere/ritratti, evitare rappresentazioni teatrali o poesie che idealizzano il sentimento d’amore, convincersi di non avere rivali, per evitare di incorrere nella gelosia, evitare di sostare di fronte alla casa del proprio ex, dipingendolo come un luogo in grado di portare solo sfortuna.

In poche parole, Ovidio cerca di tagliare le radici del pensiero ossessivo sulla relazione finita, eliminando sul nascere qualsiasi collegamento che possa portare a rimuginare sulla nostalgia, sulla sofferenza, sulla profondità dei propri sentimenti.

Alcune di queste regole sembrano scontate e/o irrealizzabili, eppure anche un’applicazione parziale sarebbe d’aiuto per chi soffre di maldamore, ancora oggi.

1 Lucrezio, De Rerum Natura

2 M. Foucault, Storia della sessualità, 2001, Feltrinelli

3 Ovidio, Ars Amandi

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

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