LE DIVERSE RISPOSTE AL TRADIMENTO

Condividi
Lui, lei, l’altro. Oppure lei, lui, l’altra. Si tratta del tipico triangolo amoroso, che abbiamo visto in mille storie o magari anche sperimentato nella nostra vita, come protagonisti o come vittime. Tradire è una brutta cosa, ma molto più frequente di quanto si possa immaginare. Ciò che però cambia è la modalità con cui uomini e donne reagiscono al tradimento, una volta che questo viene scoperto. Lo studio, del professor Felson, psicologo della State University of New York, va proprio a definire come la gelosia si esplichi tra uomo e donna, vittime di un tradimento. L’uomo, per lo più, ha un atteggiamento aggressivo nei confronti del rivale in amore: il primo pensiero è quello di farla pagare all’altro. Le donne, invece, se la predono con il marito fedifrago o il compagno infedele, piuttosto che con l’altra, nei confronti della quale provano un moto di empatia, perché si sentono in fondo coinvolte nello stesso problema, cioè dividere uno stesso uomo che si è dimostrato inaffidabile. La ragione di queste due diverse modalità di comportamento risiede probabilmente nel ruolo sociale che uomini e donne hanno sempre avuto, fin dalla notte dei tempi. Il maschio, per proteggere la propria leadership nel branco, deve infatti affrontare i giovani pretendenti al suo trono. Le femmine, invece, che sentono la necessità di essere protette da una figura affidabile, finiscono con il rimproverare all’uomo non tanto la scappatella in sé (almeno non consapevolmente) quanto il tradimento della fiducia legata al progetto di vita in comune. Per contro le femmine che tradiscono hanno già disinvestito rispetto alla capacità del maschio di difenderle e renderle felici. Gli uomini che tradiscono assecondano il loro istinto per cui cercano di assicurare i loro geni per la perpetuazione della specie.
Articolo completo al seguente indirizzo:

UN DECIMO DI SECONDO PER IL COLPO DI FULMINE

Condividi
PRINCETON – Basta un decimo di secondo per un colpo di fulmine. È sufficiente questa piccolissima frazione di tempo, infatti, per decidere se una persona merita la nostra fiducia, ci attrae, ci appare leale o, al contrario, faremmo meglio a stargli alla larga. Un decimo di secondo, dunque, per farsi un’idea di chi abbiamo di fronte basandoci sui tratti somatici del suo volto. A sostenerlo è una ricerca condotta da due psicologi della universitá di Princeton, pubblicata a luglio scorso su Psychological Science. I due studiosi hanno mostrato a un campione composto da 200 partecipanti volti diversi chiedendo loro di osservarli per tempi differenti che si aggiravano tra i 100 e i 1.000 millesecondi. Così hanno potuto osservare che bastava un decimo di secondo perchè le persone sviluppassero un’impressione, positiva o negativa che fosse. Attraverso vari test, in cui variavano i tempi di esposizioni alle immagini, i ricercatori hanno potuto osservare che il giudizio maturato in un battito di ciglia, non variava di molto concedendo qualche istante in più al volto proposto. Semmai ad aumentare era la convinzione che la prima impressione era proprio quella giusta. 30 agosto 2006

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

PSICOBIOLOGIA DELL’AMORE

Condividi
Perché scegliamo un partner al posto di un altro? Quali sono le caratteristiche fisiche, psicologiche e comportamentali che deve avere un partner per essere attraente? Ed ancora: cosa vogliamo da questa relazione? Se desideriamo un rapporto intenso e gratificante siamo disposti ad affrontare nuovi assetti relazionali che potranno trasformarci profondamente o stiamo invece cercando di mettere in atto un semplice copione di accoppiamento e mantenere il più possibile inalterato il nostro attuale stile di vita? Negli ultimi anni la ricerca scientifica sta cercando di comprendere la neurobiologia dell’amore, il senso profondo che orienta l’essere umano verso l’accoppiamento ed il legame affettivo Nel 1980 lo psichiatra Michael Liebowitz ha individuato nell’amore due stadi fondamentali: l’attrazione e l’attaccamento. Mentre nella prima condizione dominano le emozioni finalizzate alla costituzione della coppia (desiderio, piacere, esaltazione, speranza ma anche paura di perdere l’oggetto d’amore, l’attenzione focalizzata, la sensibilità estrema agli atteggiamenti dell’altro fino alla gelosia morbosa ed ingiustificata), mediate verosimilmente dai circuiti dopaminergici deputati a rappresentare le emozioni in risposta a stimoli edonici, nel secondo stadio è prevalente la sensazione di benessere, sicurezza e attaccamento associata alla liberazione di altri neurotrasmettitori, come endorfine o ossitocina.
Ma ci vorrà molto tempo prima che ci spieghi perché a stimolare quei neuroni e a liberare quei neurotrasmettitori sia quel particolare uomo o donna e non altri”. In una prospettiva psicologica, l’attrazione si realizza perché il nostro vissuto ci rende sensibili precisamente ai segnali di una determinata persona e non a quelli degli altri. “Lo stile affettivo acquisito durante l’infanzia tende ad orientare le relazioni successive e non è una fatalità che pietrifica l’amore – scrive lo psichiatra Boris Cyrulnik nel volume divulgativo “Parlare d’amore sull’orlo dell’abisso” (Frassinelli) – la coppia costituisce il luogo delle interazioni e il momento propizio dove rielaborare i propri apprendimenti”. E’ inoltre possibile osservare lo stile di attaccamento della coppia e l’adattamento reciproco in base alla modalità di dialogo. In accordo a quanto osservato da Paul Watzlawick in “Pragmatica della comunicazione umana”, “in ogni comunicazione i partecipanti si danno a vicenda delle definizioni della loro relazione, o per dirla con più precisione, ciascuno cerca di determinare la natura della relazione”. Le coppie con un attaccamento sicuro comunicano armonizzandosi a vicenda, come in una danza comportamentale e verbale “dove ognuno, attento al corpo e alle parole dell’altro, ascolta ciò che dice e lo guarda parlare – continua Cyrulnik – percepisce facilmente i suoi segnali corporei, e lo sguardo improvvisamente orientato verso l’interlocutore a indicare che sta per cedergli la parola. Al contrario, le coppie con un attaccamento insicuro-preoccupato mostrano durante le loro interazioni una instabilità psicomotoria e frequenti interruzioni ai discorsi dell’altro, con intromissioni di elementi o persone estranee al contesto: “queste coppie rispondono alla sensazione che l’altro suscita in loro, non si armonizzano con il partner – spiega lo psichiatra – lo interrompono per timore di essere dominati, o semplicemente perché non tengono conto del mondo mentale che l’altro cerca di esprimere”. Infine i partner di coppie con attaccamento disorganizzato sembrano perdere il contatto l’uno con l’altro, comunicando con gesti imprecisi, parole dette a sproposito o silenzi imbarazzanti. Vediamo cosa succede quando si incontrano una donna ed un uomo con due stili di attaccamento e comunicativi diversi. Lei è una giornalista, attraente e gentile – la gentilezza e cultura le permettono di regolare la distanza tra sé e gli altri – intervista preferibilmente al telefono o anche per e-mail, frequenta uomini evitanti quanto lei con i quali discute di argomenti culturali, intervallandoli con qualche episodio di sesso, senza raggiungere una vera intimità emotiva. Lui è un medico, fisico sportivo e sguardo seduttore, un matrimonio fallito alle spalle, un “professional single” che non vuole sentirsi solo ma non vuole nemmeno formare una coppia. Si incontrano occasionalmente in palestra. Scatta subito un’attrazione reciproca. Ognuno ripete il suo copione: lui la tocca prima di tutto con lo sguardo. Poi si avvicina parlando; le parole servono a creare una prossimità fisica. Non ha fatti i conti con l’atteggiamento evitante di lei che è capace di respingere anche un uomo che le piace. Lei parla di un articolo che sta scrivendo. Gli dà il suo indirizzo e-mail. In qualche modo vorrebbe trasformarlo in un uomo a distanza anche se è a pochi passi da lei. Impossibile. Lui non è uno dei soliti intellettuali che è abituata a frequentare e lei non è una delle sue solite conquiste. Per andare d’accordo, ognuno dovrà cambiare qualcosa di se stesso e dell’altro, diventare il terapeuta dell’altro, inventare un nuovo modo di amare che non è la somma dei due stili di attaccamento, ma qualcosa di nuovo che accordi dolcezza e passione. Quello che Cyrulnik definisce “coniugazione affettiva”…
Articolo completo al seguente indirizzo:

SPOSI D’UFFICIO – COPPIE SOLO DI SCRIVANIA

Condividi
MILANO – Il primo si chiamava Roberto. Poi è stata la volta di Luciano e Stefano e Paolo e Antonio… E’ finita perché se ne sono andati. O hanno fatto carriera. E non c’erano motivi perché le cose andassero avanti. «Sposi» d’ufficio con i quali passi più ore che con lo «sposo» di vita. Così li chiamano gli americani.
E’ il nuovo trend fra le scrivanie. Nulla a che vedere con storie di amore e (o) sesso (poco più che in stallo e non è una novità). Un po’ compagno di banco, un po’ amico del cuore. Lo «hanno» ormai il 32 per cento dei dipendenti Oltreoceano. Fonte: una ricerca della specializzata Vault. Già definiti, da una società di consulenza, anche i paletti, della scoperta figura: deve essere un pari-grado, nessun coinvolgimento fisico (al massimo un platonico corteggiamento) e tutto alla luce del sole alla faccia dei pettegolezzi.
Tre caratteristiche e altrettanti vantaggi: alle donne queste amicizia infondono nuove sicurezze, danno slanci al rendimento e trasmettono buon umore. E qui già le «spose» nicchiano. Lucy Kellaway, editorialista del Financial Times, fa la conta degli «ex» – sei in tutto, ora è single d’ufficio ed è caccia – li ritrova nell’identikit ma assolutamente non nei «benefici»: mai serviti per la carriera, solo all’umore. «Avere uno sposo in ufficio – scrive – ti rende più felice». Con loro parli di tutto (dal gossip ai problemi), ti confronti, vai a mangiare un panino, ridi, litighi.
E quando tutto finisce, ognuno per la sua strada: «Sono compagni di viaggi più o meno lunghi. E capita che sei così contenta che ci sia quel collega in ufficio che al mattino preferisci andare prima per far colazione con lui. Percorsi paralleli che possono anche prendere itinerari diversi – racconta una poliziotta che per regolamento non può dare nome e cognome – spesso, nel nostro lavoro, perché cambiamo sezione o città. O perché ci sono le carriere. E non puoi chiedere a un capo che mantenga con te un rapporto in esclusiva come quando ero un tuo collega. Il suo ruolo vuole che si divida con tutti. Non sarebbe giusto».
Articolo completo al seguente indirizzo:

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

DECALOGO AL FINE DI CONFESSARE UN TRADIMENTO

Condividi
MILANO – Confessare al proprio partner un tradimento può alleviare i sensi di colpa, ma rischia di trasformare la propria vita in un inferno. Lo sanno bene i piu’ incalliti Don Giovanni che spesso negano una relazione extraconiugale anche davanti a prove inconfutabili.
Un articolo pubblicato sul sito web del Times di Londra sembra sdoganare questa filosofia del silenzio, anche se, ricorda il quotidiano inglese, vi sono casi estremi in cui e’ sempre meglio confessare l’adulterio.
LE DIECI COSE DA SAPERE – Alla fine prima di “vuotare il sacco” ogni fedigrafo pentito dovrebbe pensare a ciò che va incontro e ricordare queste 10 importanti verità:
1) Essere infedeli non e’ una cosa comune come tante persone credono. Una ricerca del 2006 condotta dalla Bbc su un campione di 46.000 persone rivela che solo un marito su cinque e una moglie su dieci hanno tradito il proprio consorte durante la loro vita matrimoniale. Messaggio sottinteso del Times : «Non cercate di salvare il rapporto di coppia con la falsa verita’ che tutti tradiscono»
2) Se durante un viaggio di lavoro si commette eccezionalmente un adulterio e il proprio partner non ha modo di scoprirlo, chi vuole preservare il proprio rapporto di coppia deve sapere che l’onesta non e’ necessariamente la migliore stategia da adottare.
3) I sensi colpa ti attanagliano e vuoi un giusto consiglio? Allora rispetta il tuo partner e invece di rivolgerti ad un amico, chiedi un parere ad una persona davvero terza. In Inghilterra vi sono «i consiglieri telefonici», veri e propri professionisti, che alla modica cifra di 45 sterline all’ora offrono i propri pareri su qualsiasi questione amorosa (In Italia purtroppo tanti partner infedeli e pentiti continuano a rivolgersi a cartomanti televisive).
4) Se la relazione extraconiugale è in corso e c’è la possibilità che qualcun altro possa rivelare il tradimento al tuo partner, anticipalo e confessa tutto. Aver ceduto per una notte alla tentazione può essere perdonato. Chi mente invece non e’ mai perdonato.
5) Non si può compromettere la salute sessuale del proprio partner. Se sei stato così sciocco da fare del sesso non protetto fai dei controlli. Naturalmente alcuni virus che si trasmettono per via sessuale come quello dell’HIV s’individuano solo dopo almeno tre mesi dal rapporto sessuale occasionale. Dunque in questi casi bisogna confessare sempre la verita’ al partner affinche’ lui o lei possano sottoporsi agli stessi controlli medici.
6) Quando confessi il tradimento al tuo partner il tuo motivo ispiratore dovrebbe essere un genuino desiderio di cambiare o terminare con delicatezza la propria relazione amorosa. Mai confessare per alleviare il proprio senso di colpa, per sfogarsi o per pareggiare i conti.
7) L’infedeltà è spesso un sintomo, non una causa, delle difficoltà in una relazione e confessare potrebbe rafforzarti nell’affrontare questioni fondamentali. Ad esempio, se tu sei ubriaco o hai preso qualche droga durante le tue relazioni extraconiuguali, il tuo vero problema forse non è la fedeltà, ma la tua dipendenza da droga e alcol.
8) Frank Pittman, uno psichiatra esperto di relazioni affettive, dice che ci sono 4 tipi di infedeltà: a) l’infedelta’ involontaria (si tratta di un rapporto non voluto che capita a volte quando si e’ ubriachi o a causa della propria negligenza);b) il tradimento romantico (incontri qualcuno che e’ meraviglioso mentre tu stai vivendo una grande crisi nella tua vita)c) l’accordo matrimoniale (e quel tipo di tradimento che ti conforta mentre tu stai vivendo un matrimonio che non vuole finire e non vuole rinascere); d) il tradimento del donnaiolo (quello vissuto dagli uomini che hanno continuamente bisogno di affermare la loro virilita’ o dalle donne che sono figlie di ex mogli di donnaoioli)
9) I rapporti extraconiugali sono la principale causa di divorzio
10) Solo il 3% di 4100 uomini infedeli alla fine lascia la propria moglie e si sposa con l’amante. Inoltre il 75% delle persone che sposano le loro amanti prima o poi divorziano
Articolo completo al seguente indirizzo:http://www.corriere.it/cronache/08_ottobre_20/dieci_cosa_da_sapere_confessare_tradimento_932ea24e-9eb1-11dd-b7ca-00144f02aabc.shtml

VENDETTA COL PORNO (REVENGE PORN)

Condividi
Cresce il numero di fidanzati respinti o delusi che danno vita al “revenge porn”. E manca un reato che lo punisca

A dettare il trend, come spesso accade, sono state le star… Ma ora l’idea di mettere su internet foto o video a luci rosse del proprio ex – il cosiddetto “revenge porn”, o “vendetta porno” – sta assumendo dimensioni preoccupanti. Tanto che negli Stati Uniti si inizia a pensare di istituire un reato ad hoc.

GLI ULTIMI CASI – Uno dei casi più recenti è quello di Jared Wolny, 24 anni, e Tessa Komer, 21, due ragazzi dell’Università della Georgia. Dopo una storia lampo, iniziata su internet e culminata in un anello di fidanzamento, la rottura ha spinto Jared a infilarsi nella pagina di Facebook dell’ex ragazza. Per metterci delle foto (della ex), ovviamente senza veli. Jared è stato arrestato a maggio, rilasciato su cauzione, e ora aspetta il processo. Meglio è andata a David Feltmeyer, 34enne di Chesterfield, Virginia: indagato per aver masterizzato su dvd un video a luci rosse della sua ex, e averne distribuite delle copie gratuite con tanto di nome, indirizzo e numero di telefono (sempre dell’ex), se l’è cavata con 90 giorni (sospesi dalla condizionale), grazie a una difesa che spiegava che “questo non è un reato, è solo uno scherzo”.

IL BUSINESS – Chi non scherza, invece, è la fiorente industria del porno su internet. Che ha immediatamente fiutato le potenzialità del nuovo “genere”, creando siti ad hoc (come revengeporn.net, o alcune sezioni su Shoosh Time). «Ma quelli sono video girati da professionisti, che fingono di volersi “vendicare” di qualche ex», spiega Kurtis Potec, 25 anni, direttore di Xtube, una delle moltissime versioni “hard” di YouTube, sulle quali chiunque può mettere il proprio video porno amatoriale. “Il problema, almeno per noi, è che ci arrivano moltissimi video con nome, indirizzo e numero di telefono della ragazza nel filmato. E sono spesso tra i più cliccati”. Solo lo scorso anno Potec ha ricevuto oltre mille richieste da parte di uomini (pochi) e donne (la stragrande maggioranza) per togliere un filmato di “vendetta porno”. “E il trend è in continua crescita, soprattutto tra gli uomini gay”.
E mentre aumenta il numero di casi, cala l’età media degli esposti alla “gogna informatica”. Alex Phillips, 17enne di La Crosse, Wisconsin, non s’è fatto scrupoli a mettere sul suo profilo MySpace le foto nude della sua ex, appena 16enne.

LA LEGGE – «Queste azioni vengono condannate come tentativi di ricatto, o diffamazione», spiega Michael Fertik, 30enne direttore di ReputationDefender, studio legale specializzato nella difesa della privacy. «Ma finché non ci sarà un reato apposito, il rischio è alto». Come difendersi? «La prima cosa da fare è, ovviamente, evitare di girare video o farsi scattare foto porno. Il revenge porn è come una malattia sessualmente trasmissibile: succede solo quando si mescolano sesso e irresponsabilità».
Articolo completo al seguente indirizzo:

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

L’AMICODIPENDENZA SU FACEBOOK

Condividi

Si chiama “friendship addiction”, “amico-dipendenza”, ed è una vera epidemia che sta esplodendo negli ultimi anni, soprattutto a causa del social network Facebook. A individuare e coniare questa nuova patologia è David Smallwood, uno dei principali psicologi britannici, esperto di dipendenze. Smallwood ha scritto su un articolo pubblicato dal quotidiano britannico “Daily Mail” che Facebook alimenterebbe l’insicurezza degli utenti, che non riescono a staccarsi dal sito. Le donne sono particolarmente vulnerabili perché il più delle volte la loro autostima deriva dai rapporti che instaurano con gli altri e Facebook aumenta questa peculiarità emotiva, obbligando gli utenti ad ‘acquisire’ centinai di amici. Facebook ha quasi 60 milioni di utenti, con due milioni di nuovi iscritti a settimana. Alcune ricerche hanno dimostrato che i siti di social networking stanno diventando un sostituto per le famiglie nei paesi dove, come in Gran Bretagna, i legami tradizionali sono diventati più deboli. Smallwood ha dichiarato che almeno il 10 per cento della popolazione è vulnerabile all’“amico-dipendenza”. “Il problema con Facebook è che l’acquisizione di nuovi amici – ha detto lo psicologo – è per quasi tutti un processo di assuefazione. L’acquisizione di amici è come qualsiasi altra fissazione, solo più competitiva. Si viene cioè giudicati da quanti amici on-line si hanno”. Lo psicologo ha raccontato come pian piano un utente possa anche ammalarsi per colpa di Facebook. Secondo Smallwood, Facebook rischia di aggravare la sensazione di essere respinti e potrebbe isolare ancora di più gli utenti alla ricerca disperata di amici on-line.
Data articolo: ottobre 2008 Fonte: salute.agi.it

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

SINDROME DEL SORRISO SPENTO

Condividi
Si chiama “sindrome del sorriso spento” ed e’ la piu’ diffusa “patologia” delle coppie di oggi arrivando a colpirne almeno una su cinque. E’ uno stato di solitudine interiore, di sofferenza per le situazioni della vita che non puo’ essere reso visibile per evitare di far male al partner o ai figli. Per cui, l’incomunicabilita’ tra i partner, si traduce nello smodato desiderio di entrare in relazione con molteplici persone attraverso l’utilizzo di chat line, sms, mms, e-mail, e all’insorgere delle piu’ diffuse patologie sessuali quali impotenza, calo del desiderio, dolore.
I soggetti all’interno della coppia si ritirano in silenzio sopportando le situazioni della vita. Si rendono conto che proprio per la sofferenza che hanno non possono renderla molto visibile perche’ farebbero del male ad altre persone o perche’ considerano che il partner potrebbe subire conseguenze psicologiche o perche’ si puo’ ripercuotere sui figli.
Questa diffusa solitudine interiore che porta a comunicare sempre meno trova la soluzione negli enormi progressi in campo tecnologico che paradossalmente permettono una velocita’ comunicativa e la possibilita’ di entrare in relazione con altri (internet, sms, mms). Arriviamo addirittura ad ipotizzare che questo possa spiegare il fenomeno delle persone che spariscono di casa.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

IN CHIESA LA RICERCA DEL PARTNER IDEALE

Condividi

Andare a messa per trovare marito o moglie? In fondo, la fede, non solo quella nuziale, è anche questo. Tra le motivazioni che spingono a seguire le funzioni religiose ci sarebbe infatti anche quella di trovare l’anima gemella. Con requisiti difficili da trovare altrove se non in Chiesa. Affidabilità, valori condivisi, una minore predisposizione all’adulterio.

A sostenerlo è una ricerca condotta da Jason Weeden, ricercatore dell’università statale dell’Arizona, negli Stati Uniti. Risultato? Rispetto ad altre caratteristiche come l’età, il sesso, o la ricerca di un contatto con il divino, la possibilità di trovare un compagno di vita in preghiera accanto a noi risulta, secondo Weeden, la spinta più decisiva.

L’analisi è stata condotta su oltre 22mila fedeli che frequentano il culto delle chiese cristiane americane. E nel rispetto del credo biblico “andate e moltiplicatevi”, la ricerca pubblicata sulla rivista Evolution and Human Behaviour, indica come primo fattore di scambio tra i banchi della Chiesa un’empatia particolare su come crescere i bambini, sulla famiglia e sul sesso. Una delle preoccupazioni inconsce per cui ci si innamora in Chiesa sarebbe infatti quella di minimizzare il rischio di un tradimento. Al resto, spiegano i ricercatori, ci pensa la comunità che ha un efficace ruolo di controllo e protezione per entrambi i partner.
Data: 27-09-2008

Fonte e articolo completo: http://salute24.ilsole24ore.com/salute/mentecorpo/44_A_Messa_in_cerca_del_partner_ideale_.php

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

QUANDO IL SESSO CURAVA IL MAL D’AMORE

Condividi

Tra relazioni contrastate e passioni non corrisposte, le pene d`amore hanno tormentato l`anima e il corpo di amanti di tutte le epoche: i medici dell`Inghilterra elisabettiana avevano addirittura identificato una vera e propria patologia con tanto di sintomi e terapie. È quanto emerge dalle ricerche di Lesen Dawson, studiosa dell`Università di Bristol.

Dawson afferma che lettere, diari, ricette mediche, testimoniano che uomini e donne tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo credevano che l`intensità della loro passione erotica li esponesse a gravi rischi per la salute fisica.

Gli studiosi dell`epoca credevano che la frustrazione sentimentale comportasse un aumento della temperatura corporea e della tensione a cui il corpo è sottoposto. Gli anatomisti riferivano di aver visto nei cadaveri sezionati di individui che pensavano fossero morti per troppo amore, cuori letteralmente “bruciati” e diversi danni fisici.

I personaggi shakespeariani hanno, però, qualche consiglio da elargire a un moderno Romeo dal cuore infranto: per guarire le pene d`amore bisogna mantenersi occupati, fare attività fisica o confessare la propria passione a un amico. Anche musica e viaggi sono considerati ottimi espedienti per distogliere da un`insana passione. Ma non è tutto. I medici elisabettiani ritenevano che il rimedio migliore per sanare le ferite d`amore fosse il sesso.

La medicina del tempo era infatti convinta che l`attività sessuale permettesse all`innamorato infelice di espellere umori e liquidi che altrimenti avrebbero finito per infettare anima e corpo. Niente salassi, clisteri, diete particolari o quadri astrali, quindi. Quando l`oggetto del desiderio rifiutava il corteggiamento, meglio ripiegare in fretta su altri obiettivi.
Data: 21-10-2008

Fonte e articolo completo:http://salute24.ilsole24ore.com/salute/lei_e_lui/774_Tra_pizzi_e_sottane:quando_il_sessocurava_il_mal_d_amore.php